Come già rimarcato, in altra circostanza, a chicchessia, sia esso ristoratore, barista, esercente la vendita di bevande e di alimentari, commerciante in genere, sia esso titolare di locali di ritrovo o di circoli ricreativi, è stato consentito di dotarsi di propri contenitori carrellati, pattumiere e bidoni in plastica per ivi depositare ogni genere di rifiuto della propria attività. E, in modo del tutto tacito, è stato permesso, altresì, di tenerli fuori dai loro ambienti e di collocarli per strada e, perfino, in spazi pubblici distanti dai loro esercizi e dai luoghi d’intrattenimento. Unica indicazione, impartita dall’autorità di governo della città, in assenza di una precisa regola per l’utilizzo a tale scopo di aree pubbliche, sembra sia stata quella di porre in essere coperture adeguate a contenere le pattumiere e i cassonetti, essendo questi di esclusiva proprietà privata. Naturalmente tale raccomandazione è stata accolta da una minima parte degli interessati e, anche ove sono stati creati i box di legno per contenere i bidoni, prevalentemente nella zona centrale della città, una certa quantità promiscua di rifiuti, anche chiusa in appositi sacchi in plastica, rimane giacente fuori da dette coperture, fin tanto che gli operatori non provvedono al ritiro. Gli stessi ecobox, che si notano nel borgo antico, sono del tutto difformi tra loro né sono rispondenti al sistema modulare previsto dal Regolamento della occupazione del suolo comunale per la costruzione dei “dehors”.
Mi ha sorpreso, non poco, che uno di questi allestimenti di legno, predisposto per custodire le pattumiere, sia stato impiantato sul cordolo spartitraffico di un’importante strada di scorrimento, sempre distante dal locale in cui i rifiuti sono prodotti. Naturalmente, anche per questo caso, presumo che non ci sia stato alcun permesso a far stazionare i bidoni della spazzatura nel bel mezzo di una stada pubblica. Non escludo, tuttavia, che questa possa essere una possibile soluzione al devastante disordine dei cassonetti per strada in quella zona. Nel senso che si potrebbe costruire un unico apparato di copertura sullo spartitraffico stradale allo scopo di eliminare il degradante stazionamento di tanti bidoni sparsi sul marciappiede e ricreare, in qualche maniera, un accettabile aspetto urbanistico di quel quartiere. Sempre che una tale realizzazione non sia in contrasto con il dettato dell’art. 25 del Codice della Strada. Già, perché il deposito su suolo pubblico di detti contenitori per la raccolta della spazzatura urbana, specie se posti in maniera tale da occupare marciappiedi e svincoli stradali, deve essere conforme a quanto stabilito specificatamente dal Codice della Strada. Perciò ognuna di queste postazioni di raccolta e stazionamento dei contenitori per rifiuti deve essere necessariamente approvata dall’autorità amministrativa comunale, preposta a vigilare sul rispetto delle norme di circolazione stradale. Tra l’altro, una tale autorizzazione dovrebbe comportare il pagamento di un corrispettivo in base alla metratura dell’area pubblica accordata per uso privato, come appunto richiamato da un recente provvedimento sindacale, riguardante il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. .
E’ risaputo, infatti, che, per una qualsiasi circostanza si faccia uso di suolo pubblico, sia esso comunale sia demaniale statale, a cominciare dal passo carraio per finire all’utilizzo di aree per scopi edilizi, commerciali e di turismo balneare, si debba pagare una tariffa di occupazione, aggiornata anno dopo anno, quando si approva il bilancio del Comune. Per contro, il deposito continuato dei contenitori di spazzatura, in strada, pare, invece, allo stato, sia esentato da qualsiasi imposizione tributaria, senza che ci sia una disposizione comunale che ne contempli l’esonero. Per cui la mancata riscossione del corrispettivo per l’occupazione del suolo pubblico come deposito dei contenitori padronali della spazzatura potrebbe rivelarsi un consistente danno per il pubblico erario, oltre che una omissione amministrativa nel rilevare l’indebita utilizzazione dello spazio pubblico.
E’ deprecabile che l’Amministrazione comunale non si sia finora attivata per disciplinare specificatamente questa questione deleteria e rimuovere l’indecente spettacolo che colpisce non solo per l’aspetto dello scarso decoro delle strade cittadine ma, soprattutto, per i rischi per la salubrità ambientale. Una vera contingenza, giacché, nell’attualità, la constatata inosservanza delle prescrizioni del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti ha assunto una dimensione variegata e articolata in ogni parte del territorio urbano, anche di periferia. Con il risultato che è diventato una cuccagna, nel senso vero del termine, considerato che ciascun esercente si gestisce i propri bisogni di custodia e consegna della spazzatura nei termini di propria esclusiva convenienza, facendo sì che il deposito dei contenitori sia il più lontano possibile dal proprio locale.
L’Amministrazione di Sollecito, dunque, non può continuare a esimersi dal mattere mano a una regolamentazione che porti a rimuovere tempestivamente questa ormai caotica emergenza dopo aver rilevato puntualmente ogni irregolare circostanza e posizione abusiva. E’ in quel disposto normativo, da approvarsi in Consiglio comunale, che sarà possibile prevedere anche deroghe specifiche, consentendo pure l’utilizzo oneroso del suolo pubblico ai fini della raccolta dell’immondizia da parte dei gestori di esercizi vari che, per regola, devono trovare una soluzione all’interno dei propri spazi privati, alla stessa maniera prevista per le unità abitative e per altri ambiti a queste equiparate.
E, di fatto, diverse città che tengono molto al decoro ambientale e all’immagine dignitosa del centro urbano, tra cui fa spicco il Comune di Lecce, hanno vietato di lasciare contenitori e bidoni della raccolta differenziata su “marciappiedi, portici, ingressi, rientranze dei muri e prospetti” e su ogni altro spazio, pure di proprietà privata, ma accessibile al pubblico passeggio.
E’ una prova ardita per il dott. Sollecito affrontare questa radicata criticità che, opinione generale, degrada notevolmente l’estetica cittadina. Salvo che non scelga di perpetrare la condotta del suo predecessore che, sul punto, ha finto di non vedere, permettendo di poter gestire il trattamento dei propri rifiuti a piacimento, senza che alcuno potesse interferire. Tanto meno l’intervento di polizia amministrativa da parte dei preposti agli uffici cui spetta la vigilanza sull’osservanza delle vigenti norme in materia di gestione del territorio e fruizione dei beni comuni.