Proprio in questo tempo, tutti noi siamo chiamati a vivere in comunione con Dio, ad essere santi per essere altri. Esso discorre nelle giornate più buie dell’anno, per ricordarci che le nostre fatiche, l’oscurità, la fame e la sete attendono con trepidazione la luce: l’ultima parola non appartiene alle tenebre, ma al Signore che viene. Nel Vangelo, il primo versetto mette in relazione la venuta del Figlio dell’uomo con i “giorni di Noè”, episodio che troviamo nella Genesi, in cui si parla di un’umanità che aveva messo Dio in secondo piano e che pensava al soddisfacimento dei propri bisogni fisici e affettivi.
Questa relazione dice una cosa importante per la nostra vita di fede: il primo avvento di Gesù è proprio nella nostra condizione umana ferita, nei nostri bisogni, chiara espressione della fame del suo Amore.
Un altro versetto ci consegna una immagine che mette in relazione Dio alla figura di un ladro: Egli, infatti, se glielo permettiamo, viene come un ladro nella nostra vita quando ci sentiamo padroni di noi stessi, per rubarci tutte le cose che ci impediscono di incontrarlo.
Se apriamo, dunque, i nostri cuori alla grazia di questo tempo, saremo veri testimoni del Signore che viene, capaci di sentirlo come il nostro bisogno più grande, e molto più liberi di fargli spazio nelle nostre periferie esistenziali.