Secondo la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, in Croazia si parlano almeno dieci lingue straniere – tra cui l’italiano – ed esistono circa 26 dialetti croati riconducibili a tre gruppi: čakavo, štokavo e kajkavo. Tre sono invece gli idiomi minoritari principali: l’arbanasi (arbënishtë), l’istrorumeno e l’istrioto. Sul primo si concentrerà la mia attenzione.
La lingua arbanasi appartiene al ceppo ghego della lingua albanese e contiene elementi dell’italiano e del croato čakavo, a differenza dell’albanese arbëreshe, ovvero l’arbanasi parlato in Italia, precisamente in Molise, che si basa invece sulla varietà del tosco.
Nel corso del 1700 si sono verificate tre ondate migratorie da parte dei parlanti arbanasi, una popolazione di cattolici albanesi della regione del lago di Scutari (al confine tra Albania e Montenegro), verso l’attuale Croazia. La più grande comunità sopravvissuta fino ad oggi è stabilita nella periferia della città di Zara (Borgo Erizzo).
Trattandosi principalmente di una lingua dalla tradizione orale, l’arbanasi è a stento sopravvissuto durante il corso della storia venendo diverse volte soppresso e declassato a “lingua del popolo”, a differenza del croato e dell’italiano considerate lingue prestigiose. Oggi sono poco più di 200 i locutori arbanasi e la maggior parte anziani, ultimi detentori del ricordo di una città trilingue come Zara.
Per saperne di più: “Arbanaški na raskrižju” di Lucija Šimičić e Klare Bilić Meštrić.
Sofia Fasano