Sabato 4 febbraio si è svolto al Teatro Piccinni di Bari il secondo appuntamento della serie di incontri “Leggere il Sud” incentrato su Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore tarantino morto a Roma nel 2017.
A condurre il talk, ideato da Lea Durante, sono stati Maddalena Tulanti, giornalista e fondatrice del Corriere del Mezzogiorno Puglia, e Onofrio Romano, professore di sociologia a Roma Tre, con l’aiuto di alcuni spezzoni dall’opera di Fabrizio Saccomanno “Un canto per la vita e le opere di Alessandro Leogrande” e le foto di Mauro Ieva.
Chi è stato Alessandro?
Alessandro è stato l’intellettuale più importante degli ultimi venti anni, uno dei pochi capaci di collegare il frammento alla totalità, cioè capace di partire dall’analisi oggettiva della sua città, Taranto, e poi allargare la prospettiva al mondo intero.
La sua attenzione si posava sul dislivello economico con il Settentrione, sulla continua “fuga di cervelli” dall’Italia divenuta col tempo un fattore endemico, sulle famiglie vittime del caporalato, sui lavoratori dell’Italsider, paragonati ai contadini della capitanata e chiamati -prendendo in prestito un neologismo di Walter Tobagi- “metalmezzadri”, sull’incapacità (o non-volontà) della classe politica di rispondere alla modernizzazione, forzata, del meridione.
La migrazione dai paesi poveri fu poi uno dei principali temi affrontati negli articoli e nei libri: Alessandro intervistava i sopravvissuti ascoltandoli seriamente, scrivendo le loro esperienze secondo il loro racconto, senza mai definirli migranti, termine che li avrebbe resi delle figure astratte, ma emigrati, cioè persone provenienti da un altro paese, e immigrati, cioè persone giunte in un paese differente e con un’altra storia.
Leogrande, ormai, è morto da sei anni, ma la sua visione e le sue analisi sul Sud sono valide ancora oggi. Come cittadini italiani abbiamo il dovere di approfondire il tema della questione meridionale, di cercare il senso della nostra storia, di noi stessi: perché solo tramite la comprensione reale del Sud l’Italia potrà dirsi seriamente unita e libera.
Simone Lucarelli