Il Palazzo Vulpano-Sylos di Bitonto, scrigno del Rinascimento pugliese

Analizziamo un raro esempio dell'architettura Cinquecentesca in Terra di Bari

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Spesso, quando si parla della nostra regione, la si associa senza dubbio all’arte romanica e, in certi casi all’arte barocca: da un lato le possenti cattedrali normanne e federiciane, con semplici e austere decorazioni, pensate per essere prive di distrazioni per i fedeli; dall’altro, il trionfo della decorazione, portata al massimo grado per occupare tutti i possibili spazi vuoti della facciata. Ma cosa accadde nel mentre, in quei secoli che intercorrono tra le due correnti analizzate? Sicuramente, la Puglia non presenta almeno all’apparenza molti esempi di architettura rinascimentale, o comunque, non presenta esempi paragonabili in numero a quelli romanici e seicenteschi. Esistono, però, delle splendide eccezioni, edifici poco conosciuti che meriterebbero di essere ricollocati in una visione più precisa ed ampia del Cinquecento pugliese.

È il caso di Palazzo Vulpano-Sylos a Bitonto, che è stato oggetto delle ultime Giornate FAI di Primavera a cura del neonato Gruppo FAI del Nord Barese, che riunisce le città di Giovinazzo, Bitonto, Molfetta e Terlizzi. L’analisi della storia del palazzo permette di comprendere le modalità di costruzione dell’epoca, oltre ad aprire una finestra sul Rinascimento in Puglia. Il nucleo originario del palazzo fu una casa torre costruita in epoca medievale dalla famiglia Vulpano: questa, originaria di Bari, si era trasferita a Bitonto in seguito alle scorrerie perpetrate da Guglielmo il Malo. Nel corso del tempo, la famiglia aveva acquisito una serie di fabbricati nella stessa area tali da necessitare di un’opera di armonizzazione: nel Cinquecento, quindi, i due fratelli Leucio e Gian Pasquale commissionarono dei lavori di ammodernamento della fabbrica, portata a un unico livello di facciata. Fu contestualmente realizzata la corte, l’elemento più caratteristico dell’edificio, che presenta la straordinaria balaustra del primo piano interamente decorata da bassorilievi: su questa è rappresentata una ricca allegoria della lotta tra bene e male, identificati da una serie di personaggi storici e del mito.

Pochi anni dopo, la famiglia Vulpano si unì al casato dei Sylos, giunti dalla Spagna al seguito di Ferdinando d’Aragona. Al termine dei conflitti che videro impegnati due esponenti del casato, Andrea e Diego, giunsero a Bitonto per meglio amministrare i feudi che erano stati loro concessi dal sovrano. Qui Diego sposò Minerva Vulpano, ultima erede del casato, ottenendo il palazzo, che divenne la prima residenza dei Sylos. Il casato prosperò nel corso dei secoli dividendosi in più rami (Vulpano-Sylos, Sylos-Sersale, Sylos-Labini).

Oltre alla splendida balaustra che decora il primo piano della corte, altri elementi di spicco di chiaro stampo rinascimentale sono gli affreschi che decorano alcuni ambienti del piano terra. Le decorazioni, di cui non si aveva notizia (sono emerse solo con gli ultimi lavori di restauro, che hanno eliminato le intonacature posticce), riprendono il tema dell’amore, prima inteso come eros e poi come virtù. La riscoperta dell’antichità classica porta l’ignoto autore a riprendere una serie di figure mitologiche e dell’epoca romana. Nel primo ambiente è raffigurato, all’interno di una decorazione di tralci di vite, chiara allusione al culto dionisiaco, un satiro che corteggia una ninfa; la particolarità è che la scena mitologica è attualizzata al Cinquecento: il satiro desideroso della donna dona un falco alla ninfa. Nel secondo ambiente, più ricco del precedente, alle decorazioni vegetali si affiancano alcune figure femminili: su un asse troviamo Cleopatra e Didone, rappresentate nell’atto di togliersi la vita a causa del sentimento amoroso (la morte di Marco Antonio e la dipartita di Enea); sull’altro asse, invece, Cornelia (o Acca Larenzia) che allatta i Gracchi (o Romolo e Remo) e Pero che allatta il padre Cimone, condannato a morire di fame. Si tratta comunque di interpretazioni di studiosi di storia locale, in quanto non esistono documenti noti che dimostrino l’esatta identificazione di tali figure.

Tutti questi elementi decorativi testimoniano da un lato il non indifferente spessore culturale della committenza e dell’artista, dall’altro il fatto che tali correnti artistiche ben si affermarono anche dalle nostre parti, contrariamente al pensiero comune. Il palazzo, rilevato da privati, è oggi al centro di un profondo lavoro di recupero e restauro, per preservare gli ambienti e recuperare le decorazioni che, senza opportune cure, andrebbero definitivamente perdute, e con esse un pezzo di storia poco conosciuto della nostra regione.

Giuseppe Mennea

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