Il primo lunedì di maggio (quest’anno il 1°) di ogni anno (salvo il 2020) ha luogo l’evento mondano più rilevante nel campo della moda, ossia il MET Gala, il Costume Institute Gala che trova la sua sede nel Metropolitan Museum of Art di New York. Il tema per l’edizione 2023 – “Karl Lagerfeld: A Line of Beauty” – ha suscitato polemiche e critiche tra l’opinione pubblica. Il motivo sarebbero diverse discutibili dichiarazioni dello stilista tedesco.
Quindi, se la maggior parte di chi ha sfilato sul red carpet del MET ha optato per un classico black & white o uno scontato Chanel (di cui Lagerfeld è stato uno storico direttore creativo), c’è chi si è distinta e al contempo ribellata silenziosamente al tema. Tra queste la modella indigena Quannah Chasinghorse che ha scelto un abito spumeggiante rosa, colore odiato da Lagerfeld. Invece, l’attrice Michaela Coel ha indossato uno Schiaparelli, stilista italiana apertamente e notoriamente disprezzata da Coco, fondatrice della maison Chanel.
Infatti, negli anni Trenta del Novecento, quando iniziavano a venire a galla entrambe le case di moda, le due stiliste si ponevano su linee nettamente opposte: mentre Coco prediligeva eleganza e neutralità ispirandosi a uno stile maschile, Elsa Schiaparelli lavorava fianco a fianco al movimento surrealista (e anche dada). L’esempio più noto di questa collaborazione è il celebre Lobster dress. Ammiratrice di Dalì, la Schiaparelli nel 1937 gli chiese di disegnare un’aragosta per un abito da sera in organza bianco. Dalì collocò strategicamente all’altezza del bacino il rosso crostaceo, ritenuto simbolo di segreti dell’inconscio dalla forte connotazione sessuale. L’abito divenne iconico quando Wallis Simpson lo indossò per un servizio fotografico per la copertina di Vogue poco prima del matrimonio con il duca di Windsor (il re Eduardo VIII che abdicò).
Sofia Fasano