Sono passati 22 anni dalla morte del manifestante Carlo Giuliani, 23 anni, sparato dal carabiniere Mario Placanica nel corso del G8 di Genova. Il giovane era tra i manifestanti che tra il 19 e 21 luglio 2001 hanno assalito la città ligure e il suo decesso ripreso dalle principali emittenti televisive ha suscitato scalpore in tutta la Penisola.
Ma prima di concentrarci sull’omicidio di Giuliani, partiamo dall’inizio, quindi dal G8. I “Grandi della Terra” non erano i soli a trovarsi a Genova in quei giorni: infatti il gruppo di manifestanti denominato “No Global” ha animato quei giorni con proteste con richieste di cambiamento. La sua critica radicale al liberismo ha fatto sì che un grande numero di giovani sposasse la causa, per ragioni diverse, ma ugualmente importanti come il tema dei diritti civili e quello dell’ambientalismo. Ad affiancarli c’erano il gruppo di anarchici dei “black bloc” che manifestavano (o meglio dire “attaccavano”) con l’utilizzo di passamontagna, abiti scuri e altri oggetti che coprivano e proteggevano il volto, garantendo l’anonimato.
Genova era consapevole che quei tre giorni sarebbero stati “particolari”, per cui la città aveva preso le giuste precauzioni con scorte di polizia e carabinieri per tutto il territorio. Il 19 luglio 2001 è stato il giorno del corteo per i diritti dei migranti e degli extracomunitari, a cui hanno partecipato 50.000 persone e dove fortunatamente non c’è stato alcun episodio saliente. Tutto è cambiato il giorno successivo, dove in diverse zone della città si sono registrati violenti scontri. È qui che sono entrati in scena i “black bloc”, i quali hanno dato man forte ai “No Global”. La risposta della polizia e dei carabinieri è stata fin troppo dura, malmenando i manifestanti indifesi.
Piazza Alimonda si prende il poco invidiabile appellativo di luogo chiave del 20 luglio 2001. Le forze dell’ordine presenti in quel punto di Genova erano poche, così i manifestanti presero l’iniziativa di lanciare oggetti contro i protettori dello Stato, che a loro volta rilanciano gli stessi gesti. Carlo Giuliani era sul punto di lanciare un estintore verso un veicolo dei carabinieri rimasto bloccato nella piazza genovese. L’agente Mario Placanica ha premuto il grilletto, uccidendo sul colpo il giovane manifestante. La morte di Giuliani è il simbolo di quei momenti di fuoco. Il giorno dopo, i “black bloc” misero a fuoco i cassonetti della pattumiera e rovesciarono macchine per la città: vennero arrestate 93 persone, che in seguito furono rilasciate.
Gli orrori di quelle giornate hanno lasciato il segno nel Belpaese. Nel 2009, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha decretato che Mario Placanida ha agito per legittima difesa. A oggi Placanida, dopo numerosi processi, è stato assolto, ma non fa più parte dell’Arma dei Carabinieri. Due anni fa, a 20 anni di distanza dagli avvenimenti, il padre di Carlo Giuliani ha attaccato la giudice Elena Daloiso, la quale non ha mai smesso di parlare di uno “sparo per aria” quando in realtà i video e i testimoni smentiscono la sua tesi. Conclude affermando che secondo lui non è il carabiniere che ha sparato il responsabile della morte di suo figlio, ma i suoi superiori, dunque gli ufficiali di quel reparto. Mettendo da parte il capitolo delle accuse, è innegabile che nessuna condanna riguardo quei tre giorni d’inferno rappresenti una grande sconfitta per la giustizia italiana. È possibile che nessuno debba pagare per quanto avvenuto? Omicidio di Giuliani a parte, è incredibile come né un manifestante né un agente delle forze dell’ordine sia stato condannato per gli avvenimenti. In ogni caso, a 22 anni di distanza gli eventi di Genova rimangono scolpite nelle menti degli italiani. Almeno questo.
Paolo Gabriel Fasano