Sembra Assisi ma è Galatina. Non stiamo parlando della Basilica di San Francesco, bensì di quella di Santa Caterina d’Alessandria, che sorge nel cuore del centro storico del comune salentino. Uno dei pochi esempi di architettura gotica in Puglia, sebbene con rimandi al romanico, celebre per lo straordinario ciclo di affreschi che è possibile ammirare all’interno. Ma procediamo per gradi.
Il complesso, che comprendeva anche un monastero, sostituito in seguito da una struttura più moderna, fu realizzato probabilmente a partire dal 1369, su commissione di Raimondello Orsini del Balzo, signore di quelle terre. La basilica, in particolare, fu realizzata in corrispondenza di una precedente struttura, una chiesa di rito greco risalente al IX secolo.
La facciata, in pietra locale, è tricuspidale e presenta un protiro in corrispondenza del portale centrale, arricchito da splendidi bassorilievi. Al centro della facciata fa bella mostra di sé un rosone, che decora l’esterno ed illumina gli interni. Le due cuspidi laterali sono impreziosite da una decorazione ad archetti ciechi, che riprendono l’andamento della facciata.
Ma è sicuramente l’interno che lascia senza fiato. Si articola in cinque navate, separate da pilastri costituiti da fasci di colonne, alcune delle quali si allungano fino a dividere il soffitto della navata centrale in più campate e vele. Le pareti e il soffitto sono quasi interamente affrescati. Il ciclo fu realizzato su committenza di Maria d’Enghien lungo tutta la prima metà del ‘400.
In particolare, le scene rappresentate si riferiscono all’Apocalisse, alla Genesi, al ciclo cristologico, quello angelologico, quello agiografico, quello mariologico e, infine, alle Virtù. In tutte le rappresentazioni traspare la narrazione della storia dell’uomo come storia dell’amore di dio. A colpire il visitatore è la prevalenza della colorazione blu degli affreschi, oltre che l’estrema cura con cui questi furono realizzati.
Altre importanti opere d’arte che decorano gli interni della chiesa sono il tabernacolo seicentesco, l’armadio-reliquiario e una serie di cenotafi, tra cui, appunto, quello di Raimondello Orsini, Giovanni Antonio del Balzo e Maria d’Enghien. A questi si aggiungono manufatti barocchi, di fattura più recente, che sono stati aggiunti, nel tempo, all’originario impianto basilicale.
Nelle strette vicinanze della basilica sorge poi uno splendido chiostro, probabilmente realizzato tra Cinquecento e Seicento, che ha rimpiazzato quello originario. Anche qui troviamo uno splendido ciclo di affreschi che decora a trecentosessanta gradi le pareti che si affacciano sulla corte.
Giuseppe Mennea