Jago: il Michelangelo della contemporaneità

Un viaggio tra le opere di uno dei più importanti artisti contemporanei

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È stato, non a torto, definito un nuovo Michelangelo. Le sue opere, nonostante la loro contemporaneità, sono caratterizzate da uno straordinario realismo. Stiamo parlando di Jago, al secolo Jacopo Cardillo, artista e scultore originario della provincia di Frosinone, ma attivo in giro per il mondo e soprattutto a Napoli, dove a maggio di quest’anno ha inaugurato un museo nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, nel rione Sanità.

Realizza sculture in marmo con tecniche tradizionali, ma trattando temi e concetti della modernità e dell’epoca presente, instaurando un rapporto diretto col pubblico mediante la presentazione della realizzazione delle stesse sui social.

Il rapporto tra l’artista e la città di Napoli, già molto intenso, si è rafforzato durante il lockdown, quando rimasto bloccato nella città partenopea, ha realizzato una serie di opere proprio nel luogo che poi è divenuto lo Jago Museum, la chiesa di Sant’Aspreno appunto, dopo essere rimasta chiusa e abbandonata per quarant’anni.

Numerose sono le opere che qui è possibile ammirare. Ne prendiamo in considerazione due, forse le più suggestive: Pietà e Aiace & Cassandra.

La Pietà, precedentemente esposta a Roma nella Chiesa degli Artisti, a Piazza del Popolo, riprende un tema caro alla storia dell’arte, rivisitandolo in chiave moderna. Anziché la classica composizione costituita dalla Vergine Maria e Cristo deposto dalla croce, troviamo una nuova forma di amore genitoriale: un uomo che, con un’espressione straziata dal dolore, tiene tra le braccia una figura morta, presumibilmente il figlio o la figlia (le caratteristiche dell’opera non consentono di identificarne il sesso). L’opera è stata sapientemente collocata al centro della chiesa di Sant’Aspreno, nel punto di massima luce, in modo da consentire una lettura ottimale della stessa.

Aiace & Cassandra ripropone, invece, il celebre mito ambientato durante la guerra di Troia: Cassandra, sacerdotessa di Apollo e figlia di Priamo, re di Troia, sottratta e violentata da Aiace, guerriero di Agamennone. Tale atto sacrilego comportò la punizione di tutti i principi greci, e significò anche la morte di Aiace. La giovane sacerdotessa, divenuta bottino di Agamennone, predisse al re greco la sua morte, ma rimase inascoltata: Agamennone cadde per mano della moglie Clitennestra. La triste vicenda mitologica, ulteriormente incupita dalla violenza dell’opera, sembra quasi creare un collegamento ideale tra l’epoca classica e le, ahimè, tante notizie di cronaca dei giorni nostri.

Nel Rione Sanità è anche conservata un’altra celebre opera dello scultore, ovvero il Figlio velato, attualmente esposto presso la Cappella dei Bianchi, nella chiesa di San Severo fuori le mura. Liberamente ispirata al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, anch’esso conservato a Napoli, rappresenta un bambino disteso coperto da un velo. Probabilmente l’artista si è ispirato, nella realizzazione dell’opera, alla vicenda del piccolo Aylan, il migrante morto annegato e ritrovato su una spiaggia in Turchia nell’ottobre del 2015.

Oltre al pregio delle opere in sé, è da segnalare il forte connotato di rinascita dell’attività di Jago: la sua arte ha comportato la riapertura di antichi luoghi dimenticati del Rione Sanità, portando anche una rinascita sociale dello stesso. A gestire i luoghi, infatti, c’è la cooperativa “La paranza”, formata da ragazzi del quartiere provenienti da contesti e vicende difficili, che hanno trovato nell’arte un’alternativa alla loro precedente vita.

Giuseppe Mennea

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