“So chi sei, ma non sei tu”: la sindrome di Capgras

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È il 1923 quando una donna di mezza età ( poi nota con lo pseudonimo di Madame M.) in preda ad un evidente attacco di terrore afferma che il proprio marito è stato sostituito gradualmente da sosia fino ad un numero pari ad 80.

È questa la genesi di quella che dapprima venne definita “illusion des sosies”, per poi passare alla storia come sindrome di Capgras, dal dottore che si occupò di questo eccentrico caso clinico.

Nonostante la rarità, i dati epidemiologici hanno registrato ai giorni nostri un graduale aumento, specie nel genere femminile, con un rapporto di 3:2.

Ma andiamo con ordine.

Come definire questa “convinzione patologica”?

La sindrome di Capgras è, a tutti gli effetti, una malattia psichiatrica per cui chi ne è colpito vive nella irrevocabile certezza che i propri cari siano in realtà dei falsi cloni, dei veri e propri impostori.

Il paziente vive un processo di straniamento e , malgrado la comprovata dimostrazione del proprio errore, persiste nella propria posizione.

Le cause esatte non ci sono note con chiarezza. È verosimile, d’altra parte, che vi sia un legame con una serie di patologie che affliggono direttamente l’encefalo, quali traumi, lesioni cerebrali, demenza.

Comparendo tendenzialmente in età precoce, può comportare una serie di problematiche a livello realtà, specie per ciò che concerne l’integrazione sociale.

Il sintomo principale consta nel totale disconoscimento del prossimo, o meglio, è più un “io so chi sei, ma non sei tu”.

Spesso e volentieri, ai problemi di identificazione possono accompagnarsi disorientamento, errata percezione della realtà, travisamenti, episodi depressivi e disturbi del comportamento.

L’atteggiamento del paziente è paradossalmente “motivato” da una serie di accorgimenti: nota dettagli ininfluenti che lo portano ad esser convinto che la persona, l’animale o, in alcuni casi, il luogo dinanzi a sé, altro non sia che una riproduzione falsata.

Il paziente rileva cambiamenti a sua detta  improvvisi  e sospetti, come la modulazione della voce, la scelta deivestiti, il modo acconciarsi i capelli.

È, infine, un grave problema che , una volta diagnosticato, richiede un trattamento particolare che va dalla somministrazione di particolari farmaci( stabilizzatori dell’umore, neurolettici, antidepressivi) sino, in casi più estremi, agli interventi psicoterapeutici.

Raffaello Quarto

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