La Puglia pullula di piccoli gioielli semi sconosciuti. Forse quelli più caratteristici sono le antiche residenze nobiliari, alcune ancora in uso, altre, ahimè, abbandonate. Oggi analizzeremo il caso di Villa Bonelli a Barletta, una grande residenza che sorge aldilà del tracciato della ferrovia, in una zona residenziale dove il suo parco di più di 20.000 metri quadri è divenuto un giardino pubblico a servizio del quartiere.
La villa era quasi sicuramente un’antica masseria usata per la vendemmia, che venne acquistata e radicalmente trasformata dalla nobile famiglia Bonelli di Barletta nel corso del Settecento. Il complesso visse fasi successive di interventi, finché venne requisita, nel corso del Secondo Conflitto Mondiale, dalle truppe alleate e da questi occupata.
Dopo il termine della Guerra iniziò la definitiva decadenza del sito, poiché i signori Bonelli, incapaci di poter sostenere finanziariamente il restauro della proprietà, vendettero l’intero complesso al comune di Barletta già nel 1979. L’edificio venne, poi, tristemente occupato da sfrattati tra il 1982 e il 1995. Il giardino, restaurato nel 2008, venne destinato a verde pubblico, mentre la residenza giace attualmente abbandonata a sé stessa, nell’attesa di un progetto di recupero.
Il giardino della villa è ricompreso in un ampio perimetro murario, con un’unica entrata monumentale su Via Canosa. Da tale ingresso, si diramano una serie di viali che attraversano il parco, conducendo ad antiche coffe-house, grottoni e fontane. L’intera superficie del parco è decorata da antiche sculture in marmo. Sicuramente gli elementi di pregio sono la fontana di Cerere, quella di Galata e quella di Flora. Alle spalle della dimora, in posizione defilata, si può identificare anche un’antica serra in ferro battuto, al momento fortemente degradata.
La villa vera e propria, residenza estiva della famiglia Bonelli, è il risultato di interventi successivi. Ciò nonostante, l’aspetto è uniformato nello stile, che è chiaramente neoclassico. La facciata principale, che presenta cinque ingressi, è scenograficamente posta alle spalle della fontana di Cerere ed è impreziosita dal portale monumentale della cappella padronale: un arco a tutto sesto sormontato da un architrave e un timpano. Le altre aperture hanno l’aspetto di un arco spezzato e si insediano all’interno di una lunga fascia di bugnato. A livello dei piani superiori, si alternano finestre e balconi, assenti, invece, nella facciata posteriore, che presenta dei caratteri decisamente meno monumentali.
Questa è ricompresa e limitata da alcune garitte pensili che, prima dello sviluppo urbano, erano rivolte verso la campagna aperta e servivano a difendere la residenza da eventuali attacchi dei briganti. Rappresentano, verosimilmente, gli ultimi elementi superstiti dell’antica struttura masserizia antecedente alla villa stessa.
L’accesso agli interni è attualmente impossibile, essendo gli ingressi murati. Tuttavia, pare che quelle che erano le stanze di rappresentanza presentino delle splendide decorazioni in stile pompeiano, attribuite al pittore barlettano Geremia di Scanno, curatore della documentazione pittorica degli scavi nelle città vesuviane.
Un progetto di recupero della villa è stato candidato per ottenere fondi PNRR. Attualmente, però, sono state ottenute risorse per restaurare esclusivamente il giardino, mentre si attende ancora un progetto serio per il recupero dell’antica dimora signorile, in un’ottica di individuazione di una funzione per l’edificio stesso a lavori ultimati.
Giuseppe Mennea