L’abbandono degli edifici non guarda in faccia a nessuno: neanche gli edifici scolastici vengono risparmiati. La storia di oggi riguarda un vastissimo edificio napoletano, un tempo convento dei gesuiti, poi divenuto un istituto tecnico industriale, che finì per essere abbandonato dopo il terremoto del 1980. Stiamo parlando dell’ex Convitto Pontano alla Conocchia.
L’edificio sorge lungo la salita dello Scudillo, nei pressi del luogo in cui sorgeva un antico mausoleo di epoca romana, che per la sua forma particolare che ricordava il rocchetto del filatoio, venne appunto soprannominato “conocchia”. Tale edificio, apparso in tante vedute dell’epoca del Grand Tour, venne demolito negli anni ’60 durante il periodo della speculazione edilizia, sfruttando l’espediente dell’assenza di vincoli archeologici.
L’antico convitto venne edificato nel corso del ‘700, quando era utilizzato come edificio di villeggiatura per i convittori del Collegio del Salvatore, complesso sorto per ospitare a Napoli gli esponenti della Compagnia di Gesù. I gesuiti occuparono tale struttura ininterrottamente fino al 1848. Nel corso delle rivoluzioni di quell’anno, infatti, i padri vennero cacciati una prima volta dal capoluogo partenopeo, salvo poi farci ritorno a situazione rientrata. La seconda (e definitiva) cacciata dei gesuiti risale al 1860, quando Garibaldi iniziò a reclamare e sequestrare una serie di edifici sacri per renderli di proprietà statale.
Il vecchio monastero venne ampliato e trasformato in un ospedale per malattie infettive, data la sua ubicazione lontana dal centro cittadino. Fu qui che vennero ospitati i malati di colera dell’epidemia del 1884 ed è qui che giunse il re Umberto I dopo aver pronunciato la celebre frase “A Pordenone si fa festa, a Napoli si muore: vado a Napoli”. In quell’occasione ci fu anche il primo incontro ufficiale tra un membro della dinastia reale e un prelato, il cardinale di Napoli Guglielmo Sanfelice, dopo gli eventi di Porta Pia, che avevano portato a una pesante crisi tra i Savoia e il papato.
Nel 1886, l’edificio venne completamente ristrutturato e ampliato ulteriormente per divenire sede dell’Istituto Pontano e, successivamente, dell’Istituto tecnico industriale “Francesco Giordani”. Dopo il terremoto del 1980, il Giordani venne trasferito a Fuorigrotta a seguito del crollo di alcune pareti. La struttura venne definitivamente abbandonata e da allora giace inutilizzata.
L’edificio appare completamente inghiottito dalla vegetazione del giardino circostante, che in quarant’anni di abbandono è diventato una vera e propria foresta. Tra i rampicanti sembrano quasi manifestarsi le ampie finestre ottocentesche, con le loro splendide colonne e paraste corinzie. Alla struttura si accede mediante un vano decorato da un affresco gesuita: da tale sala si prosegue negli ambienti del vecchio monastero, affiancato ai due lati dagli ampliamenti successivi. In quelle che erano le vecchie celle dei monaci vennero realizzate le aule dell’Istituto.
A una serie di ambienti anonimi si aggiungono tre ambienti particolarmente interessanti: un ampio salone con volta lunettata, che appare essere il vecchio refettorio dei padri gesuiti; la cappella; il salone ottocentesco per gli spettacoli.
La cappella è di chiaro stampo barocco: presenta stucchi che decorano tutte le superfici disponibili con volti di putti, angeli e decori floreali. Il pavimento presenta una decorazione in forma di stella bicromatica, bianca e nera. L’ambiente sembra quasi integro, mancando praticamente solo l’altare.
Il grande salone ottocentesco è indicato nei documenti d’epoca come ambiente destinato a spettacoli. Quasi sicuramente venne tramutato nell’aula magna dell’Istituto Giordani. È un vastissimo ambiente di circa 400 metri quadri, che si sviluppa su due livelli, con un ampio loggiato al piano superiore. La sala è illuminata da numerose finestre tripartite, che all’interno dell’ambiente si affiancano a un ricco colonnato corinzio. Su un lato del salone si trova un’ampia abside, dove si trova quello che, originariamente, doveva essere il palco per i concerti. Ai lati dell’abside si trova una targa che ricorda la venuta del re Umberto e il suo incontro col cardinale Sanfelice.
Come detto, l’edificio è attualmente inutilizzato e, probabilmente, in parte occupato. Al momento non esistono progetti per l’edificio, ma non si escludono interventi di consolidamento anche a seguito della recente attività sismica nei vicini campi flegrei.
Giuseppe Mennea