Racconti dalla Puglia abbandonata – Masseria Caggiano

Una vecchia struttura agricola a ridosso di Lama Balice

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La zona di Lama Balice, che si allunga tra le aree occupate dal quartiere San Paolo e dall’aeroporto di Bari-Palese, è una zona ricchissima di testimonianze storiche e preistoriche, oltre che di rilevanza naturalistica, posta a ridosso del canale naturale scavato dal passaggio dell’antico torrente Tiflis, che dall’entroterra sfociava nell’Adriatico a ridosso dell’attuale quartiere San Girolamo.

Tra i numerosissimi casi, il più rilevante è sicuramente quello della Masseria Caggiano, che sicuramente non passa inosservata col suo caratteristico loggiato, posta a ridosso di Viale Europa a livello della Scuola Allievi della Finanza.

La Masseria Caggiano è l’esempio più importante e artisticamente più riuscito di tutte le masserie presenti in zona (si ricordano Masseria Maselli-Alberotanza, Masseria Triggiano, Masseria Caffariello, …). Prende il nome dall’antico casato dei Caggiano, originario di Massalubrense, che nel Settecento risiedeva a Barletta e disponeva della proprietà della struttura e dei terreni adiacenti.

La struttura seguì alterne vicende proprietarie, passando ai Fraggiacomo di Molfetta, ai Serravalle di Catanzaro e, infine, ai Federici, dai quali fu poi rilevata ad opera di Giacinto Lamacchia nel 1936. Egli finanziò cospicui lavori di restauro e ampliamento dell’antico edificio, utilizzando parte delle sue ampie disponibilità derivanti dall’attività di commerciante di tessuti. Realizzò, quindi, dei nuovi ambienti da destinarsi a stalla e deposito, che si affiancarono all’originario impianto della struttura.

Egli, infatti, destinò la proprietà a finalità di ricerca, piantando una serie di specie rare utilizzate per la sperimentazione colturale. Per questo motivo, Lamacchia ricette parecchie visite dai funzionari governativi interessati alle politiche agricole per conto del regime fascista, finché non decise di aprire la struttura agli studenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Bari.

Durante il Secondo Conflitto Mondiale, la masseria venne requisita dagli Alleati e una buona parte della proprietà fu espropriata per permettere la costruzione e ampliamento dell’aeroporto. Al momento, pare che la proprietà sia divisa tra otto eredi e, a causa degli esagerati costi di restauro, giace abbandonata.

Il nucleo originario dell’edificio risalirebbe al 1400, presentando la forma di torre di cui, ancora oggi, si intravedono alcune feritoie e caditoie. Successivamente, alla torre vennero aggiunti dei corpi di fabbrica laterali a costituire un’unica cortina palazzata, seppure asimmetrica, con la presenza del bel loggiato, ad oggi a serio rischio crollo, risalente al Settecento. Al Seicento, invece, risale la cappella padronale, posta in posizione defilata rispetto al corpo centrale. Essa presenza i resti di un bassorilievo raffigurante San Girolamo.

Sicuramente, l’elemento di pregio è il frantoio semi-ipogeo del piano terra, che presenta un unico vasto ambiente voltato a botte con le tracce dell’antico torchio ligneo Ottocentesco e la presenza delle macine e delle vasche per la raccolta dell’olio.

Nelle vicinanze della masseria si trova anche un giardino d’agrumi che, nei documenti catastali, è indicato come “Cappuccini”, che probabilmente indicherebbe l’origine monastica del complesso.

Giuseppe Mennea

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