Al giorno d’oggi, in cui si diffondono sempre più tipologie di diete e regimi alimentari, adatti a percorsi fitness o addirittura a gruppi sanguigni, può risultare bizzarro e interessante sapere che, nell’Antica Roma, i muscolosi e prestanti gladiatori seguissero una alimentazione esclusivamente vegana. Ebbene essi, il cui nome deriva dal “gladius”, la corta spada a forma di coltello in grado di colpire di taglio e di punta, di cui erano armati, anche per via della loro condizione generalmente servile, non consumavano pasti a base di portate di carni quasi crude e succulente: la Medical University di Vienna, infatti, in collaborazione con il dipartimento di antropologia dell’Istituto di Medicina Forense dell’Università di Berna, ha eseguito delle analisi di natura paleopatologica su alcuni resti, giungendo così all’incredibile risultato che i gladiatori, noti per la loro possanza e forza fisica, mangiassero esclusivamente grano, farro, legumi, rape, orzo e miglio. Nelle ossa dei combattenti, risalenti al II-III sec. d.C. e rinvenute ad Efeso, nell’odierna Turchia, sono stati rintracciati alti livelli di stronzio e calcio, elementi massicciamente presenti nelle verdure. Una conferma della loro dieta è riscontrabile nel loro soprannome “hordearii” , vale a dire “mangiatori di orzo”, e in un valore molto basso di azoto, solitamente innalzato dal consumo di proteine animali.
Pare, inoltre, che consumassero abitualmente prima del combattimento una bibita energetica per massimizzare le loro prestazioni, anch’essa priva di derivati animali, bensì a base di erbe ricavate da piante officinali e ricca di magnesio.
Alla luce di tale dato non può che scaturire una riflessione di ordine culturale, giacché, spesso, un alimento tanto consumato come la carne o il pesce viene sopraelevato rispetto a numerosi altri, poiché definito proteina nobile, trascurando i notevoli impatti ambientali ed etici (per non parlare dell’aspetto salutistico) relativi alla sua produzione e le sue numerose alternative, spesso demonizzate o dimenticate per ignoranza o per gli interessi dell’industria.
Maria Elide Lovero