L’1 marzo 1692 cominciarono i processi intentati contro le streghe di Salem, vale a dire una serie di procedimenti legali svoltisi a Salem, località del Massachussets, che misero a morte venti donne innocenti e ne diffamarono oltre duecento, tutte accumunate dall’accusa di stregoneria.
In un primo momento a sporgere denuncia furono delle ragazzine che sostenevano di essere state danneggiate dagli incantesimi di alcune donne. Da qualche sparuto caso si generò un’autentica caccia alle streghe a Salem e nelle comunità limitrofe, giacché l’ammontare di denunce cresceva, mosse dalla religione e superstizione dell’America coloniale. Alcuni ministri del culto, quale ad esempio il reverendo Samuel Parris, ripresero alla lettera il passo dell’Esodo 22:18, in cui si afferma “Non lascerai che una strega viva”, dando origine ad aspre e insolubili controversie, autoesili, perdite di status sociale e morti in carcere in attesa di ricevere udienza.
A partire dal 1695, tuttavia, sorsero le prime critiche verso l’operato dei magistrati di Salem per la condanna frettolosa e morte di innocenti; ben presto tale opinione si diffuse tanto che tra il 1700 e il 1703 fu proposto l’annullamento delle condanne e un reinserimento degli imputati, conferendo nel 1711 un risarcimento alle famiglie delle vittime uccise da questo moto di cieca superstizione. Numerosi atti legali e documenti testimoniano come una folta componente della popolazione delle colonie, specialmente nel New England e nelle colonie inglesi del Centro e del Sud, credeva alla minaccia della stregoneria, incoraggiata da alcuni episodi biblici come quello della Strega di Endor (I Samuele 28: 3-25); per loro, dunque, mettere in discussione l’esistenza e la pericolosità delle streghe significava mettere in discussione l’autorità divina della Bibbia, concepita come parola di Dio. Tali credenze, al pari dei miti arcaici, erano volte a rintracciare le cause di eventi inspiegabili, come la morte improvvisa di una persona, e attribuirla così alla malvagità di un individuo piuttosto che al volere di Dio o ad
un semplice rapporto di causa-effetto (la malattia genera morte).
Eppure la credenza nelle streghe affondava le sue radici non nelle colonie, bensì in Inghilterra e, più in generale, in tutta Europa da secoli. La storia inglese, infatti, vanta tristemente il processo delle “Pendle Witches”, nel Lancashire, che nel 1612 portò all’esecuzione di dieci persone per impiccagione, come richiama lo stesso nome. A tale tragico episodio è ispirata l’opera teatrale “Le streghe di Lancashire” di T. Heywood e R. Brome, redatta nel medesimo secolo.
Benché i giudici dell’epoca ritenevano il loro sentenziare giusto e meticoloso, il paradigma di condanna invalso rimase “colpevole fino a prova contraria”.
Col passare degli anni, sono state formulate diverse teorie per spiegare l’isteria delle streghe di Salem e i conseguenti processi: una prima teoria, piuttosto popolare negli anni Settanta, affermava che nel 1692 i coloni si sarebbero avvelenati consumando un fungo chiamato “ergot”, che avrebbe prodotto allucinazioni; tale ipotesi, però, non spiegherebbe come mai l’isteria si sarebbe protratta nel corso degli anni successivi. La causa più probabile sarebbe, invece, da rintracciare nella fede religiosa e nelle tensioni sociali, in un popolo alla ricerca di una manifestazione fisica di ciò che teme e spinta dal desiderio di eliminarlo.
Parimenti agli albori del Cristianesimo, le prime comunità erano costrette a celebrare segretamente la loro fede, spesso nelle case dei più abbienti (domus ecclesiae), per via delle diffuse persecuzioni dettate dall’ostilità dei Romani, manifestatasi con l’accusa di diffondere odio tra l’umanità e di attirare carestie e malattie. Non a caso si parla di “era dei martiri” in riferimento al periodo che corre dal principio della nascente religione sino all’Editto di Milano (313) promulgato da Costantino, che rese il Cristianesimo “religio licita” nell’impero.
Anticipando di molti secoli quanto si sarebbe verificato, il poeta epicureo Lucrezio, vissuto nel I sec. a.C., vedeva nella religione (pagana) non solo una forma di superstizione, ma anche di pericolo, tanto da affermare “Tantum religio potuit suadere malorum“, vale a dire “così tanto la superstizione religiosa poté persuadere di cose malvage”; perché del resto gli uomini, mossi da paura e ignoranza, si dimostrano capaci di mostruose e inenarrabili atrocità, come confermato da questa storia.
Maria Elide Lovero