Come ogni anno, anche ieri, Giovedì Santo, si è ripetuta la tradizione, all’interno dei riti della Settimana Santa e, specificamente, del Triduo Pasquale, della visita ai cosiddetti “Sepolcri”. Questi sono i repositori in cui viene riposta l’Eucarestia dopo la celebrazione della Messa in Cena Domini. La finalità di questo rito è quella di ricordare l’istituzione proprio dell’Eucarestia, ricordando l’evento dell’Ultima Cena.
È usanza quella di addobbare tali sepolcri in modo anche molto solenne, con composizioni floreali, candele, piante e altri simboli, alle volte anche con le statue che poi saranno portate in processione nei giorni seguenti. È anche tradizione che il fedele visiti tali sepolcri in numero dispari: a Napoli, ad esempio, la tradizione vuole che si svolga il “giro delle Sette Chiese”, quasi imponendo al fedele di visitare sette diversi sepolcri.
A Giovinazzo, complice il clima primaverile, l’evento è stato molto partecipato, sia per i sepolcri in sé, sia per le rappresentazioni realizzate nelle chiese minori: è dagli Anni ’90, infatti, che hanno valenza di sepolcro solo quelli realizzati presso le parrocchie, mentre diverso significato hanno quelli realizzati in tutte quelle chiese che, specialmente nel centro storico, non hanno più tale funzione.
È così che l’Arciconfraternita Maria SS. Del Carmine ha deciso di realizzare, presso la Chiesa di S. Giovanni Battista, volgarmente detta di S. Francesco, un’importante rappresentazione dei fatti raccontati nelle Sacre Scritture, adoperando le innumerevoli statue di cui dispone e mettendo in scena il Golgota. Il Cristo in croce è stato posto al centro di Piazza Benedettine, accompagnato dalle statue del buono e del cattivo Ladrone, ma anche quella dell’Addolorata. Accanto alla scena principale, è stato inserita anche la statua dell’Ecce Homo.
La tradizione vuole essere sia un modo per meditare sui misteri della Settimana Santa, sia un modo per apprezzare l’importante patrimonio figurativo di pertinenza della Confraternita, che altrimenti finirebbe per essere dimenticato.
Giuseppe Mennea