A Bari, in un’area che si dimena tra il quartiere Stanic e la Zona Industriale, sorge un’antica testimonianza architettonica risalente addirittura all’XI secolo, eppure, interamente abbandonata e degradata. È la chiesa di San Giorgio Martire o degli Armeni, che sorge nell’omonima contrada lungo una parallela di Strada Santa Caterina.
La chiesetta fa parte di un più ampio complesso, comprendente una masseria. Pare sia stata costruita da un armeno, tale Mosese, citato all’interno del Codice Diplomatico Barese. Non tutti gli storici sono però concordi, esistendo originariamente a Bari un’altra chiesa omonima, costruita, però, all’interno delle mura cittadine e precisamente nella corte del Catapano, nei pressi dell’attuale Basilica di San Nicola.
La chiesetta ha subito una serie di alterazioni e rimaneggiamenti nel corso del tempo, in particolare negli Anni ’20 del secolo scorso, quando l’allora proprietario Nicola Scattarelli fece aggiungere alcuni stucchi decorativi all’interno dell’edificio e in facciata che hanno modificato l’aspetto che la struttura aveva mantenuto nei secoli.
Dal 1977, l’edificio è protetto da un vincolo architettonico, sebbene negli ultimi anni il degrado sia di molto peggiorato, anche a causa di un incendio scoppiato nelle vicinanze e all’interno della stessa chiesetta.
La pianta della chiesa è, come molti altri esempi, a croce greca, con orientamento Est-Ovest e cupola centrale. Ricorda molto da vicino alcuni edifici di cui abbiamo già trattato, come la chiesa di Santa Croce e quella di Sant’Eustachio, anche se non presenta la torre campanaria.
La facciata, che appare in parte coperta dalla vegetazione, presenta un portale a tutto sesto con conci squadrati e una piccola finestra circolare a questo allineato. A tali elementi, presumibilmente gli unici originali, si aggiungono una cornice che arricchisce il portale e alcune lunette che chiudono la facciata. Si tratta di aggiunte successive che sembrano essere mutuate nello stile alle facciate delle cattedrali romaniche della nostra regione.
Anche gli interni presentano le aggiunte novecentesche, che sono in parte venute meno a causa dell’incendio, che in alcuni punti ha lasciato la parete in pietra a vista. Le decorazioni in stucco, comunque, risultano molto ricche, e consistono in festoni e addobbi vegetali che vanno a circondare gli elementi architettonici originari. Le pareti erano state poi dipinte con tonalità contrastanti, un po’ come si osserva nella cattedrale di Altamura.
Infine, la parete dove doveva esserci l’altare principale, probabilmente trafugato, è arricchita dai resti di un grande affresco raffigurante San Giorgio che uccide il drago.
Giuseppe Mennea