Artemisia Gentileschi, una “passione estrema”

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“Giuditta che decapita Oloferne”

L’8 luglio 1593 nacque a Roma la pittrice Artemisia Gentileschi, una delle più grandi pittrici della storia, spesso accantonata dai manuali solo a causa del suo sesso. Il suo grande talento è affiancato dalla sua storia tormentata.
Formatasi nella bottega del padre, a 15 anni fu violentata da un amico di famiglia, il pittore Agostino Tassi, che aveva il doppio dei suoi anni. Orazio Gentileschi intentò una causa contro di lui e durante il processo la figlia dovette sottoporsi allo schiacciamento delle dita per provare quanto sosteneva. Il suo volto e quello del violentatore sono presenti nel quadro “Giuditta che decapita Oloferne” (1620), conservato al Museo di Capodimonte di Napoli, una delle massime espressioni della pittura caravaggesca. La vicenda ebbe delle infelici conseguenze sulla vita di Artemisia che fu costretta a lasciare la capitale per recarsi a Firenze e a sposare un uomo che non amava. Del panorama artistico seicentesco Artemisia entrò in contatto anche con Michelangelo Buonarroti che le commissionò un dipinto raffigurante l’Allegoria dell’Inclinazione, ovvero del talento naturale e predisposizione per l’arte. Artemisia ha inoltre più volte rappresentato la figura della Maddalena, come nell’opera recentemente scoperta e che risalirebbe al periodo napoletano dell’artista in cui il personaggio biblico è in estasi.
In conclusione, ricordiamo Artemisia Gentileschi 431 anni dopo la sua nascita come pioniera delle donne artiste in un’epoca dominata solo da artisti uomini, come la prima donna ad essere ammessa all’Accademia delle arti e del disegno di Firenze e come un talento che ha fatto la storia impossibile da trascurare o dimenticare.

Sofia Fasano

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