Nel 1974 un docente universitario di letteratura angloamericana invita un poeta canadese a parlare delle sue poesie alla facoltà di lettere dell’università La Sapienza. Quel poeta era Leonard Cohen, già noto e amato come cantautore anche in Italia. Difatti, Fabrizio De André fu solo uno dei tanti interpreti della celeberrima canzone “Suzanne” di Cohen, tradotta e cantata in numerose lingue, come ad esempio in francese da Françoise Hardy e in catalano da Toti Soler.
Nato il 21 settembre 1934, Cohen non fu solo poeta e cantautore, ma anche autore di romanzi e interprete di canzoni che riflettono sempre l’umanità e la malinconia del cuore umano. Credeva che il compito dell’artista fosse quello di rivolgersi a tutta la gente del mondo e quando gli si accusava di essere “il principe della tristezza”, ribatteva di essere molto felice, in realtà, e di conservare la tristezza per le sue canzoni.
Nel 1960 si trasferì sull’isoletta greca di Hydra, già rifugio spirituale di numerosi artisti, dove acquistò una casa per isolarsi e scrivere. Dopo alcuni anni sull’isola incontrò quello che sarebbe stato l’amore della sua vita, la norvegese Marianne Ihlen, ispiratrice della struggente canzone “So long, Marianne”. L’estate del 1973, invece, la passò nel villaggio di Molivos sull’isola di Lesbo come un vero greco d’adozione, ossia bevendo ouzo con gli amici che lo chiamavano “Liunardu” e suonando la chitarra.
Il linguaggio dei suoi testi sono intrinsechi di misticismo: è “Halleluja” il suo brano più celebre e più replicato. Leonard Cohen morì nel 2016, qualche mese dopo la sua amata Marianne.
Sofia Fasano