L’agro di Giovinazzo è ricco di insediamenti abitativi, masserie, cappelle rurali e casali, alcuni più noti, altri quasi del tutto sconosciuti ai più. L’arrivo della bella stagione, poi, potrebbe spingere qualcuno a voler esplorare questi antichi luoghi, magari con la propria bicicletta per fare attività fisica. In questo articolo vi proponiamo un percorso per scoprire questi luoghi, a confine tra Giovinazzo, Molfetta e Terlizzi.
Partendo dal Casale Rufolo, sulla provinciale per Terlizzi, giriamo a destra nei pressi del trullo che sorge a ridosso della strada, proseguiamo dritto e svoltiamo a sinistra in località Memoragine. Al bivio, poi, a destra verso la Torre dell’Acquedotto, e così fino quasi a raggiungere il cavalcavia sull’Autostrada. In questa zona, accedendo da una strada secondaria, si accede alla Masserie Macchia Trappeto. Questa si sviluppa interamente al piano terra, con una corte centrale cui si accede tramite un bel portale con uno stemma reso irriconoscibile dall’azione del tempo. La masseria presenta un lamione molto antico, probabilmente del ‘300, cui si aggiungono modifiche seicentesche (osservando la fattura del portale). All’interno della corte presenta la vera di un pozzo, un ambiente con due archi di accesso e alcune mangiatoie, alcune stanze adibite ad abitazione con i resti di una cappa e una cappella.
Superando l’Autostrada, si raggiungono la Chiesa dell’Angelo Santo e la Torre del Mancino. La prima venne costruita da Vito Venturiero nel 1697, come si legge su un’epigrafe posta sull’ingresso. L’edificio è a navata unica, con copertura a spioventi e una piccola finestrella sulla facciata. L’epigrafe recita: “Angele Sancte Dei Parvum / hoc tibi pono sacellum / Accipe et accepti / Muneris esto memor”. Dopo la morte del Venturiero, il sito divenne pertinenza della famiglia Adinolfi. Dopo un lungo periodo di abbandono, la chiesa è stata acquistata da un nuovo proprietario che ha recentemente consolidato l’edificio. La torre del Mancino, invece, è un vecchio insediamento produttivo, con numerose cisterne e un palmento e attigua abitazione del massaro. Sorge esattamente di fronte alla Chiesa dell’Angelo Santo.
Proseguendo ancora e superando l’incrocio con la Molfetta-Bitonto, girando a sinistra al bivio successivo, si raggiunge la frazione delle Sette Torri, antico villaggio che presenta ville di varie epoche. Nucleo centrale è la piazzetta, su cui si affaccia una chiesetta con campanile a vela e stemma. Tutt’attorno sorgono edifici ottocenteschi di famiglie nobili o notabili di Giovinazzo e della vicina Molfetta, oltre che strutture più recenti di industriali molfettesi.
Se al precedente bivio si svolta a destra, si passa dinanzi al Casino De Gemmis e si raggiunge la Torre dell’Alfiere, da cui parte la strada “del Mino” che giunge a Molfetta. La torre appare in rovina, si sviluppa su due piani per un’altezza complessiva di una decina di metri. Comprendeva con ogni probabilità l’abitazione, la stalla e il deposito delle derrate alimentari, con annesso palmento. Sorgendo sull’incrocio tra le vie che conducono a Molfetta, Terlizzi e Giovinazzo, presentava una funzione strategica per il controllo del territorio. Il suo nome deriva dal proprietario, Domenico Nisio, distintosi durante la Battaglia di Bitonto e nominato Alfiere dal Re di Napoli.
Imboccando la strada del Mino, si raggiungono facilmente una serie di masserie, tra cui Villafranca, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, Torre Cascione col suo pino secolare e l’omonima Torre Mino. Questa è una delle più imponenti di Molfetta, con un’altezza complessiva di 25 metri che permette di avere una visione d’insieme del territorio fino alla costa. Appare irraggiungibile perché circondata da un imponente muro, nel quale si apre una cappella degli inizi del Novecento.
Scendendo lungo la strada del Mino, si raggiunge la Chiesa della Madonna della Rosa, a Molfetta, da cui basterà imboccare la strada delle Carrare per tornare a Giovinazzo in zona Cola Olidda. L’intero itinerario si sviluppa per circa 30 chilometri.
Giuseppe Mennea