Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, lo scrittore americano Henry Miller, nativo di New York, vive a Parigi da un paio d’anni e proprio per sfuggire dal clima funesto che è in procinto di scoppiare, decide di intraprendere il viaggio che si rivelerà cambiargli la vita per sempre: quello alla volta della Grecia.
Dalla capitale francese passando per la Dordogna, si imbarca a Marsiglia per Atene, ma il piano è quello di raggiungere il suo amico, lo scrittore britannico Lawrence Durrell, da poco ritiratosi sull’isola di Corfù insieme alla moglie Nancy presso cui Miller sarà ospite. Tuttavia, né l’isola ionica né la capitale ellenica sono le ultime e uniche destinazioni di questo viaggio catartico di Miller durante il quale rifugge ogni contatto con i diversi connazionali che incontra per il suo cammino e disprezza i greci che ammirano l’America. Miller, infatti, rimane affascinato dai greci “incontaminati” e dalla nuova e antica Grecia di cui questo libro, “Il colosso di Marussi” è un omaggio. Si tratta di un diario di viaggio che deve il suo titolo a una conoscenza che lo scrittore fa in Grecia e che elogia come unica persona realmente umana da lui mai conosciuta: Ghiorghios Katsímbalis, proveniente da Marussi e paragonato a un colosso per la sua statura, ma descritto dalla personalità delicata, astuta e spassosa. Miller con lui si reca sull’isola di Creta dove visita i siti archeologici di Festo e di Cnosso (qui dopo la contestata opera di restauro da parte di Sir Arthur Evans). Viaggia anche attraverso il Peloponneso, a Micene, Sparta e ad Epidauro tra le tante, e fa poi ritorno in Attica, regione che definisce più sofisticata e preferisce alla prima già citata. A un certo punto però Miller è costretto a far ritorno al più presto nel suo Paese natale in quanto il suo passaporto è stato invalidato. Scrive quest’opera proprio da qui, nella terra dove non avrebbe mai voluto far ritorno.
Quest’opera è un invito al lettore a riflettere sulla filosofia del dare e del ricevere e a concedere più tempo alla conoscenza di se stessi, attraverso la metafora del viaggio in un paese come la Grecia, l’antico ombelico del mondo.
Sofia Fasano