La contrada Pettine-Azzollini a Molfetta

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Torre Pettine-Azzollini.

In un precedente articolo, abbiamo tracciato un ipotetico itinerario cicloturistico andando ad analizzare un’area ricca di casali e masserie a ridosso tra Giovinazzo, Terlizzi e Molfetta.

Un’altra area ricca di testimonianze del passato, questa volta a cavallo tra Molfetta e Bisceglie, è la zona di Torre Pettine-Azzollini, che si trova tra la strada vicinale Fondo Favale e Contrada Zappino, da cui proseguendo si raggiunge la Zona Industriale di Molfetta da un lato e, dall’altro, la Masseria Navarino, di cui anche abbiamo già parlato.

La particolarità di quest’area è la presenza di testimonianze di epoche fortemente eterogenee e di un importante reperto arboreo, ovvero un antico ulivo del ‘600.

L’ulivo di Antignano.

La prima testimonianza che consideriamo è la Torre Pettine-Azzollini. Essa è parte di un complesso più ampio, che sorge al centro di vasti campi coltivati e che comprende due chiesette e altre due strutture abitative, in passato proprietà della famiglia Monda. La torre, invece, sorge poco più avanti, in posizione solitaria. All’apparenza è molto esigua, con un’unica finestra a trabeazione concava, e una garitta sul terrazzo. Ma accedendo dalla scala in pietra posta sul retro, si possono osservare dei ricchi affreschi settecenteschi che decorano i due ambienti del piano superiore. L’edificio, passato dai Passari agli Azzollini, fu utilizzato come rifugio dalle famiglie molfettesi durante le epidemie di colera e durante le due Guerre Mondiali.

Proseguendo oltre il casale, a poca distanza troviamo un albero di ulivo che svetta sulla campagna circostante. È il cosiddetto “Ulivo di Antignano”, un albero dall’altezza di quasi 8 metri la cui età stimata è di circa 400 anni. Il nome indicherebbe un prediale, cioè un terreno assegnato a un soldato romano, su cui poi, in epoca medievale, sorse un villaggio. Nei documenti d’epoca, infatti, spesso si indicano terreni “in locus qui dicitur Antunianum”.

Dolmen Frisari.

Se ci spingiamo verso Bisceglie, invece, si raggiunge facilmente il Dolmen Frisari, un sito dell’Età del Bronzo parte delle più ampie testimonianze preistoriche dell’area, tra cui anche il più celebre Dolmen della Chianca. Il sito prende il nome dal Senatore Giulio Frisari, che agli inizi del Novecento deteneva i terreni della zona. Il dolmen venne scoperto nel 1909 dall’archeologo Michele Gervasio, anche se le condizioni di conservazione non erano del tutto ottimali, a causa del passare del tempo e dell’azione umana. Una seconda campagna di scavo, ben più importante della prima, si svolse nel corso del 1990, quando vennero alla luce alcuni frammenti di resti umani e oggetti del corredo funerario. Ad oggi, nonostante l’area fosse stata recintata e protetta dagli agenti atmosferici anche tramite una tettoia, il sito appare molto degradato.

Chiesa di Zappino.

Proseguendo ancora in direzione Zona Industriale di Molfetta si raggiunge la Chiesa di Zappino, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo e di cui possiamo mostrarvi alcune riprese aeree.

Giuseppe Mennea

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