Il primo romanzo moderno in Italia: “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni

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Pietra miliare della letteratura italiana e romanzo storico di grande successo, “I Promessi Sposi” rappresentano il capolavoro di Alessandro Manzoni (1785-1873), autore romantico che risentì dell’influenza illuministica degli ideologi e letterati francesi. Nella stagione più prolifica della sua produzione, coincidente con l’intervallo di tempo dal il 1815 e al 1827, egli si dedicò alla composizione di quattro Inni Sacri (“La Resurrezione”, “Il nome di Maria”, “Il Natale”, “La Passione”), pubblicati nel 1815, cui si aggiunse un quinto intitolato “La Pentecoste”, delle tragedie “Il Conte di Carmagnola” (1820) e “Adelchi” (1822), delle due celebri odi civili “Il cinque maggio” (1821) e “Marzo 1821” (1821). Nello stesso periodo, dopo aver letto e tradotto “Ivanhoe” di Walter Scott, prototipo di romanzo storico, iniziò nell’autunno 1821 la stesura dei “Promessi Sposi”, il cui titolo inizialmente era “Fermo e Lucia” e, in un secondo momento, “Gli Sposi Promessi”. Il libro narra la storia di due giovani umili di Pescarenico, Renzo e Lucia, il cui desiderio di sposarsi viene ostacolato dal signorotto locale che ha messo gli occhi sulla ragazza, tanto che i due innamorati sono costretti alla fuga, incorrendo, così, in numerose disavventure sino al finale ricongiungimento.

Nel corso dei trentotto capitoli, Manzoni, nelle vesti di un narratore onnisciente ed eterodiegetico, pone in notevole risalto la storia, con intento di denuncia e rifiuto della potenza austriaca: non a caso le vicende sono ambientate fra 1628 e 1630, quando la Lombardia era sotto la dominazione spagnola, la quale viene rappresentata a tinte forti e vive, al fine di evidenziare ai lettori le analogie tra i due momenti storici. Del resto, l’autore aveva imparato nel suo lungo soggiorno francese a partecipare alla politica impugnando la penna senza imbracciare il fucile.

Alessandro Manzoni

La dettagliata ricostruzione storica dal carattere documentario è possibile grazie alla lettura delle cronache del tempo, di biografie e di opere storiografiche. Una spinta ulteriore verso il sottogenere storico è data dall’introduzione di personaggi storici, quali il Cardinale Borromeo, la Monaca di Monza e l’Innominato.
L’opera, inoltre, è considerata non solo il primo romanzo moderno della tradizione italiana, ma anche un contributo decisivo per la genesi stessa della nostra lingua. Manzoni, infatti, nella revisione che operò fra il 1827 e il 1840, modificò il dettato linguistico conferendo come lingua ai suoi personaggi il toscano colto, dopo aver “sciacquato i panni in Arno” durante un viaggio a Firenze nel 1827.
Non a caso egli, senatore dal 1860, partecipò a partire dal 1862 alla commissione per l’unificazione della lingua: nel 1868 redasse, infatti, la relazione intitolata “Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla”. Essa era indirizzata al ministro della pubblica istruzione Emilio Broglio e proponeva come soluzione al problema della lingua l’assunzione di un solo idioma corrispondente al fiorentino colto.
Il suo romanzo, dunque, anticipava di più di vent’anni una questione cardinale e ha rappresentato, conseguentemente, uno strumento di scolarizzazione linguistica e unificatore degli abitanti della penisola, a seguito della nascita del Regno d’Italia nel 1861.
Maria Elide Lovero
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