Sull’Ottocento si staglia la figura di Ippolito Nievo, patriota, scrittore e militare italiano, nato a Padova nel 1831 e scomparso alla giovane età di trent’anni, proprio in coincidenza dell’Unità d’Italia. Trait d’union fondamentale fra la narrativa romantica manzoniana e il successivo verismo verghiano, partecipò alla spedizione garibaldina dei Mille, restando, però, vittima di un naufragio.
La sua opera più celebre è rappresentata certamente da “Le confessioni di un italiano”, composte in soli otto mesi fra il 1857 e il 1858; il romanzo, tuttavia, manca di una rielaborazione formale e contenutistica a causa della precoce morte dell’autore. La prima edizione, uscita postuma nel 1867, prese il titolo di “Confessioni di un ottuagenario”.
Nei ventitré capitoli si narrano gli ottantatré anni di vita di Carlo Altoviti, protagonista del racconto, ripercorrendo le diverse fasi della sua esistenza: l’infanzia, la giovinezza, la maturità, la vecchiaia. Gli avvenimenti biografici si intrecciano con dei momenti fondamentali della storia sette-ottocentesca, che vanno dalla crisi dell’ancien régime sino ai moti risorgimentali e alle guerre di indipendenza. Il protagonista sviluppa con sua cugina la Pisana, bambina irrequieta e ribella prima e donna anticonformista poi, un legame intenso, che sfida le convenzioni morali del tempo.
L’importanza dello scritto è data dall’incontro di due generi letterari, quali il romanzo storico e di formazione: gli eventi cardine della vita del personaggio principale non solo si manifestano su uno sfondo storico definito, ma sono spesso determinati dai fatti politici ed epocali a lui contemporanei. La sua evoluzione si identifica, inoltre, come modello di progresso culturale ed educazione civile del nuovo cittadino. La narrazione, dunque, diviene uno strumento precipuo per l’acquisizione della coscienza politica del presente: nasce così il romanzo storico della contemporaneità.
Maria Elide Lovero