Origine dell’espressione “piantare in asso”

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Nel linguaggio quotidiano facciamo sovente ricorso ad espressioni di accentuata coloritura semantica, inconsapevoli dell’origine mitologica che si cela dietro di esse. Secondo gli studiosi dell’Accademia della Crusca, nata nel 1582 a Firenze al fine di separare il “fior di farina” dalla “crusca”, nonché più autorevole centro di ricerca scientifica dedicato allo studio dell’italiano, fino al XVIII secolo la forma corretta era “lasciare in Nasso”: l’uso popolare, tuttavia, corruppe tale locuzione, rendendo meno intuitivo il richiamo iniziale al mito.

Teseo e Arianna – Vicenzo De Rossi

Tutti abbiamo sentito fare cenno almeno una volta alla figura del Minotauro, essere mostruoso metà uomo e metà toro, generato dall’unione di Pasifae, moglie di Minosse re di Creta, e un toro donato da Poseidone allo scopo di sacrificarlo, in segno di approvazione divina del regno. Poiché il sovrano non volle sacrificarlo per la sua bellezza, la moglie cominciò a nutrire per il toro una passione incontenibile, provocata dagli déi desiderosi di vendetta.
La città di Atene, inoltre, macchiatasi dell’omicidio di Androgeo, figlio di Minosse, doveva ogni anno inviare alla potente talassocrate Creta, che dominò il Mediterraneo orientale sino all’arrivo dei Micenei, un tributo di sette ragazzi e sette ragazze per la creatura antropomorfa, rinchiusa nel labirinto di Cnosso costruito da Dedalo. Fra i giovani ateniesi che erano potenziali vittime del sacrificio, Teseo, figlio del re ateniese Egeo, partì volontariamente nel tentativo di sconfiggere il mostro e liberare i suoi concittadini da un obbligo così funesto.
Egli, giunto sull’isola, conobbe Arianna, figlia di Minosse, la quale, innamoratasi del giovane, fece dono a Teseo di un gomitolo per tracciare la strada percorsa nel labirinto ed uscirne facilmente al termine della propria missione, in cambio della promessa di portare la fanciulla via con sé.
Teseo, sconfitto il Minotauro e abbandonato il labirinto, si mise in viaggio per fare ritorno alla città natale con Arianna: tuttavia, durante una sosta presso l’isola di Nasso, Teseo lasciò l’amata dormiente, la quale soltanto al suo risveglio si rese conto di essere stata “piantata in asso” dopo che i due avevano consumato il loro amore. Sul finale del mito esistono diverse varianti, secondo cui Arianna si sarebbe suicidata in preda alla disperazione o sarebbe stata uccisa da Artemide su ordine di Dioniso o, ancora, divenne moglie dello stesso dio del vino.
La storia si colloca, dunque, nel filone topico della donna sedotta e abbandonata, analogamente al caso di Medea e Giasone, anch’esso argomento di numerosi drammi e opere letterarie celebri.
Maria Elide Lovero
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