Lo stretto legame tra grafia e persona: la psicologia della scrittura

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Si tramanda che i primi ad intuire il rapporto fra grafia e carattere furono i Cinesi, i quali consideravano la scrittura un’arte superiore perfino alla pittura. Pare che il cinese Huo Jo Hsu disse che “dalla scrittura è possibile dedurre se lo scrivente sia una nobile o volgare persona”, analogamente al biografo Svetonio (I-II secolo d.C.) che desunse alcune caratteristiche del princeps Augusto dalla maniera in cui scriveva. Tuttavia, fu solo nel 1622 che vide la luce il primo trattato di grafologia a noi pervenuto, intitolato “Trattato come da una lettera missiva si conoscano la natura e la qualità dello scrivente”, ad opera del filosofo bolognese Camillo Baldi.

La nascita vera e propria della disciplina, volta a studiare carattere e personalità attraverso osservazione e analisi della grafia, avvenne con l’abate francese Michon e in Italia divenne più nota grazie a padre Girolamo Moretti (1879-1963), il quale redasse un trattato in cui catalogava 80 segni grafici. Egli fondò l’omonimo istituto grafologico ed era in grado di risalire alla costituzione somatica dello scrivente.
Soltanto negli anni quaranta del secolo scorso si assistette ad una sistematizzazione che proponeva punti di riferimento univoci e oggettivi, realizzata dallo psicologo milanese Marco Marchesan a partire dall’osservazione delle leggi oniriche di Freud; Marchesan, a differenza del neurologo e psicanalista viennese, ha qualificato le leggi oniriche come “leggi generali dell’inconscio” alla base della Psicologia della Scrittura. Ad esse ha affiancato trentasette leggi specifiche che spiegano in che modo lo stesso inconscio proietti nella scrittura impulsi e tendenze per mezzo di un sistema di simboli che ci orientano nel suo studio.
La grafia risulta, dunque, definibile “un sismografo della psiche”, ossia una sorta di neuropsicogramma per via del suo diretto rapporto col sistema nervoso e la psiche; infatti, completato il suo apprendimento, il gesto grafico diventa un riflesso automatico della zona subcorticale del cervello, frutto di impulsi neuromotori e psichici che si susseguono ad un ritmo di circa 10 al secondo, tale da escludere un controllo cosciente.
Del resto, lo stesso Sigmund Freud espresse parole di apprezzamento verso la Grafologia, mentre padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica di Milano, reputava la grafia “un gesto espressivo, rivelatore costante del comportamento del soggetto”.
In Germania, inoltre, sin dagli albori del novecento la Grafologia ha fatto il suo ingresso nelle università e dal 1951 presso l’Ordine degli Psicologi è stata istituita una sezione riservata agli esperti in materia.
In conclusione, possiamo asserire che la scrittura si configura come un linguaggio simbolico latore di messaggi in codice che, se decifrati, illuminano svariati aspetti cognitivi, emotivi ed operativi riconducibili al temperamento del suo autore.
Maria Elide Lovero
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