Durante un Consiglio comunale di Denbighsire, su commissione dello stato del Galles, è stato inserito Re Arthur nell’elenco dei personaggi storici appartenenti alla comunità LGBTQ+.
Il motivo dell’inserimento del sovrano, presente anche nella mitologia col libro The Mabinogion e noto per la sua ricerca del Sacro Graal, sta nel fatto che si sia vestito da donna, secondo il racconto camuffato nel popolo per avvicinarsi alla donna amata senza creare scompiglio.
Tuttavia, Re Artù sarà riconosciuto dal suo rivale Huail ap Caw per via della ferita su un ginocchio, facendo saltare il travestimento, ma portando il rivale a una condanna a morte con decapitazione nella contea di Ruthin.
Il progetto del governo gallese di inserire lingua, cultura LGBTQ+ in musei, biblioteche e archivi locali ha lo scopo di sensibilizzare con consapevolezza e comprensione il riconoscimento dei racconti e della storia gender in quanto considerati fondamentali per la storia dello stato del Galles.
È giusto riconoscere come fondamentali i personaggi storici che hanno contribuito al riconoscimento della cultura gender, ma quanto può essere d’impatto il riconoscimento di un personaggio per il solo atto di essersi travestito da donna con lo scopo di trarre in inganno gli occhi del comune cittadino e non per sensibilizzare la popolazione locale al normalizzare l’espressione di femminilità da parte di un soggetto maschile?
È giusto riconoscere, per esempio, come in passato nella cultura greca fosse naturale l’omosessualità, in particolare nell’ambiente militare composto da soli uomini, ma quanto può giovare una forzatura culturale alla storia di un paese?