Lidia Poët, la prima avvocata italiana

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Nonostante per il culto antico la giustizia sia sempre stata incarnata da divinità femminili, come Minerva, Dike o Iustitia, è notevole come questa virtù cardinale non potesse essere esercitata ufficialmente da una donna fino al secolo scorso, precisamente nel 1920 quando Lidia Poët diventò a tutti gli effetti un membro dell’Ordine degli avvocati.

Lidia Poët in un’immagine di Famiglia cristiana.

Piemontese, Lidia Poët è stata la prima donna avvocato d’Italia, in un contesto storico-sociale in cui la massima carriera a cui potevano ispirare le donne era quella di maestra e non era loro concesso né studiare legge né tantomeno praticare la professione di avvocato.
Figura determinante per la storia del nostro Paese, all’epoca di Poët appena unificato, Lidia aveva brillantemente conseguito la laurea in giurisprudenza (durante i suoi anni accademici le donne che risultano iscritte all’Università di Torino erano in quattro compresa lei) con una tesi sul diritto di voto alle donne e superato gli esami per l’iscrizione all’albo degli avvocati. Tuttavia, dopo un non scontato accesso che aveva creato due fazioni nel Consiglio, la Corte di Appello dichiarò che “la donna non può esercitare l’avvocatura” e il verdetto fu rievocato. Solo dopo molti anni, molte battaglie giudiziarie e dopo aver comunque affiancato il fratello, anche lui avvocato, nell’esercizio della pratica forense, conclusosi il primo conflitto mondiale, Lidia Poët entrò a far parte dell’Ordine degli avvocati.
Morì ultranovantenne nel 1949, dopo aver esercitato il diritto per cui aveva tanto lottato e in cui aveva ferventemente creduto, ovvero il voto alle donne. 

Sofia Fasano

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