Nata nel 1706, Émilie du Châtelet è stata una matematica e fisica illuminista, nel corso della storia accantonata per la sua condizione di donna che tramutò in un punto di forza.
Educata tra il clero e la nobilitò, parlava già dall’età di dodici anni l’inglese, l’italiano, lo spagnolo e il tedesco, oltre ad aver tradotto la “Politica” e l’ “Estetica” di Aristotele dal greco antico e l’ “Eneide” dal latino e poiché non le era concesso l’accesso all’università, il padre rimediò per lei i migliori precettori privati. In un tempo in cui tutti i privilegi erano riservati esclusivamente agli uomini, Émilie du Châtelet coltivava il suo interesse per la scienza studiando, ma senza trascurare la vita mondana e vivendo la sua vita sentimentale in maniera piuttosto libera.
Perlopiù conosciuta tanto per aver tradotto in francese l’opera “Philosophiae naturalis principia mathematica”, meglio nota come “i Principia” di Newton, quanto per essere stata ammiratrice e in seguito amante di Voltaire. I due, infatti, condussero un intenso periodo di investigazione scientifica presso il castello di Cirey durato all’incirca dieci anni.
Una donna figlia del suo tempo, niente poco di meno che l’Illuminismo, autrice di numerosi trattati filosofici e matematici, su cui poggia le basi la celeberrima equazione di Albert Einstein E= m c^2. Elaborò un primo principio di conservazione dell’energia e la definizione di energia cinetica a partire dagli studi di Newton e Leibniz.
Inoltre, il suo fu un ingente contributo alla base dello sviluppo della fisica durante i primi del Settecento che però nel tempo è stato dimenticato e che ancora oggi si fatica a riconoscere.
La marchesa morì il 10 settembre 1749 di febbre puerperale a seguito di un parto, frutto di una fugace relazione con il giovane poeta Jean-François de Saint-Lambert. Ma le sue lezioni di indipendenza intellettuale e il coraggio inconsueto per una donna dell’epoca saranno di esempio e ispirazione per i posteri.
Sofia Fasano