“Ci innamoriamo di persone che sembrano vere, ma non esistono, sono una nostra invenzione.”
Nel corso della sua carriera, Daniele Luchetti, regista e sceneggiatore, si è rivelato non diversamente prolifico. Ultimamente ha diretto due documentari, uno su Raffaella Carrà, l’altro su Carla Fracci, e la terza stagione de “L’amica geniale”. Sempre per la televisione, dirige, insieme a Valia Santella, la prossima serie Rai “Prima di noi”, tratta dal caso letterario che è stata la saga familiare di Giorgio Fontana, di cui in questi giorni sono ancora in corso le riprese.
Per il cinema, invece, è la terza volta che Luchetti fa di un romanzo di Domenico Starnone una trasposizione cinematografica. Dopo il cult tutto italiano “La scuola” e “Lacci”, quest’anno è stata la volta di “Confidenza”. Ai limiti del cinema da psicoanalisi, il film è un thriller realista che cerca di indagare i rapporti umani e ciò che lega due persone, due amanti.
La storia ruota attorno a Pietro Vella (Elio Germana) un brillante – e forse anche un po’ egocentrico – professore che instaura una relazione – passionale sì ma quasi paternalistica – con una sua ex studentessa Teresa. I due decidono di legarsi per sempre l’uno all’altra tramite una confidenza. Il terribile segreto rivelato e la paura che lei possa non mantenerlo tormenta Pietro anche quando i due non stanno più insieme e lui è sposato con una collega e ha una figlia.
Lo scavo psicologico non è limitato ai protagonisti del film, ma esteso anche allo spettatore, dato il fatto che la confidenza viene solo sussurrata e non è perciò udibile e tantomeno viene esplicitata nel romanzo omonimo. Affianco al “non detto” (la confidenza) figura anche il “non fatto”: nel film, varie sequenze sono presenti più volte, ma mai ripetute nella stessa maniera, quanto sempre in una versione differente l’una dall’altra. E allora dove sta la verità? La confidenza è solo una metafora di tutte le nostre paure o è reale?
Il dramma si sviluppa in un contesto borghese, spesso teatro affollato di storie sulle fragilità umane.
Sofia Fasano