Spesso si può capitare in un luogo protagonista della storia locale quando meno ce lo si aspetta. È ciò che può accadere ai più attenti frequentatori della zona industriale di Molfetta, spesso scelta come meta dai più per lo shopping del weekend, ma che mantiene inalterati alcuni elementi di pregio, simbolo della storia cittadina.
Un esempio lampante è quello rappresentato da Villa Pansini, un’antica masseria che sorge poco oltre la Decathlon, alle spalle degli headquarters dell’Exprivia. Al centro di una piccola collinetta, completamente spoglia ad eccezione di due pini, si nota questa ampia struttura decadente col tetto a spiovente. Stando alle condizioni di precarietà con cui si presenta, mai si potrebbe pensare a cosa rappresenta per Molfetta.
L’attuale struttura, infatti, sorse nel 1719 sui ruderi di un precedente casale, detto di San Primo, che fu il più antico di Molfetta. Fu qui che si stabilirono i coloni greci che, unendosi con le popolazioni locali, finì per costituire la nuova comunità che poi fondò la città.
Il sito viene indicato dai molfettesi come “Casale de Scigghie” oppure semplicemente come “il Casale”. Tale nomenclatura è molto antica, e pare essere citata già nel 1175. In un volume di storia locale, Francesco Samarelli cita una “chiesa rurale di San Primo”, che doveva sorgere nei pressi dell’edificio, e che nel Codice Diplomatico Barese del 1083 è ricondotta al sito di una Turris Furcata.
Tali evidenze documentali indicano l’antichità del sito, ulteriormente comprovata dall’esistenza di alcuni abbeveratoi circolari che per forma potrebbero risalire all’epoca preromana (non disponiamo di fotografie poiché l’erba alta non ha permesso la localizzazione).
Verosimilmente, quindi, l’attuale Villa Pansini venne realizzata nel primo ‘700 sul luogo dove sorgeva San Primo, del quale furono riutilizzate le fondamenta. In tutto il terreno circostante, comunque, si notano numerose specchie, cioè ammassi di pietre che potrebbero rappresentare i resti tangibili del vecchio casale.
La struttura odierna si sviluppa su due piani, dei quali il pian terreno è ancora fruibile, mentre il primo piano è completamente collassato. Per tre lati, la masseria è circondata da un giardino, ormai privo di alberi. Accedendo al giardino si notano con stupore i resti di una straordinaria arcata neoclassica, di cui si conservano alcune foto d’epoca. Questa sembra essere collassata per la presenza di una cisterna sottostante, probabilmente utilizzata per l’irrigazione del vecchio agrumeto.
Il sito, comunque, è fortemente degradato: nonostante la sua storia millenaria, è meta dei tossicodipendenti (si notano numerose siringhe) e presenta anche dei depositi illegali di coperture di eternit.
Giuseppe Mennea