La rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe avere significative ripercussioni sui rapporti transatlantici tra Europa e Stati Uniti, influenzando aspetti chiave delle politiche economiche, di sicurezza e ambientali, con un conseguente rafforzamento di una politica unitaria europea indipendente dagli Stati Uniti o una notevole sottomissione a questi ultimi.
Sicurezza e Difesa: il futuro incerto della NATO
Uno dei temi più caldi nei rapporti tra Europa e Stati Uniti durante il primo mandato di Trump è stato il ruolo della NATO. Trump ha spesso criticato l’Alleanza, definendola “obsoleta” e sollecitando i Paesi europei a contribuire di più alle spese militari (l’Italia è il quinto paese in classifica per spese NATO, tuttavia, la difficile situazione geopolitica ha creato un rallentamento nei pagamenti anche da parte degli altri paesi europei coinvolti). Se queste pressioni dovessero continuare, è probabile che vedremo un’Europa costretta a fare una scelta: aumentare la propria autonomia strategica, ad incentivo dell’idea relativa a un esercito europeo e del rafforzamento della European Defence Fund (come suggerito in passato da Angela Merkel) o piegarsi ulteriormente alle richieste statunitensi con un obiettivo di spesa al 2% che circola tra gli organi centrali NATO già dal 2006.
Politiche Commerciali e Tensioni Economiche
Dal punto di vista commerciale, l’approccio protezionista di Trump potrebbe portare nuove tensioni con l’Unione Europea, che già in passato è stata minacciata da possibili dazi statunitensi, in particolare nel settore automobilistico e agroalimentare. Trump ha adottato un approccio nazionalista alle politiche economiche, cercando di riequilibrare il deficit commerciale degli Stati Uniti anche con i partner europei. Un secondo mandato potrebbe vedere un intensificarsi di questa linea, con il rischio di nuove guerre commerciali.
In risposta, l’Europa potrebbe cercare di diversificare ulteriormente le sue partnership economiche, rafforzando i
legami con Paesi come la Cina, il Giappone e l’India. Inoltre, l’Unione Europea potrebbe accelerare l’integrazione dei mercati interni e delle economie degli Stati membri per ridurre la propria dipendenza dal mercato statunitense.
Questioni Climatiche: il nuovo confronto
Sotto l’amministrazione Biden, Europa e Stati Uniti avevano raggiunto un’intesa sul tema climatico, collaborando per ridurre le emissioni di carbonio e incentivare la transizione energetica verso fonti rinnovabili. Tuttavia, Trump ha già dimostrato una certa opposizione agli accordi internazionali sul clima, come l’Accordo di Parigi, dal quale aveva ritirato gli Stati Uniti durante il suo primo mandato.
Un secondo mandato di Trump potrebbe vedere un rallentamento, se non un’interruzione, della cooperazione transatlantica sui temi ambientali, con conseguenze importanti per gli sforzi globali di contenimento del riscaldamento climatico. L’Unione Europea, che è impegnata in politiche ambiziose con il Green Deal, potrebbe trovarsi isolata rispetto agli Stati Uniti, vedendo dunque diminuire il peso dei suoi sforzi sul palcoscenico globale nonostante siano secondi solo alla Cina per emissioni di CO2. L’ulteriore confronti tra le due coste atlantiche servirebbe a fare un rendiconto di quanto siano risultate poco efficienti le politiche applicate col Green Deal negli ultimi anni, rivalutare fonti energetiche rinnovabili come l’energia nucleare e che non vadano a compromettere le
economie nostrane con l’esproprio di zone verdi e di terreni agricoli (l’esempio lampante italiano è il caso della Sardegna, i cui cittadini hanno visto decimare dalla pubblica amministrazione i propri terreni agricoli per far spazio ad affari privati con pale eoliche e impianti solari).
Politica Estera e Ruolo Internazionale dell’Europa
Trump ha adottato una politica estera spesso definita “America First”, con un focus su interessi nazionali e un minore coinvolgimento nelle istituzioni multilaterali. Questa politica potrebbe portare a un’ulteriore riduzione del ruolo degli Stati Uniti in organizzazioni come l’ONU o l’OMS, spingendo l’Europa a prendere un ruolo di leadership per colmare il vuoto. Gli Stati europei potrebbero sentirsi spinti ad assumere una posizione più forte e autonoma in questioni come il nucleare iraniano, le tensioni in Medio Oriente e la gestione della sicurezza nel continente africano.
Inoltre, una maggiore distanza tra Washington e Bruxelles potrebbe favorire il riavvicinamento dell’Europa alla Cina e alla Russia, due potenze con cui gli Stati Uniti hanno avuto relazioni altalenanti sotto l’amministrazione Trump e disastrose sotto l’amministrazione Biden (parlando del Cremlino). Una tale mossa potrebbe anche creare tensioni interne nell’Unione, dove i Paesi dell’Est (come Polonia e Ungheria) restano tradizionalmente più vicini agli Stati Uniti, con politiche conservatrici comuni. Tuttavia, le possibili imminenti elezioni in Germania potrebbero ribaltare definitivamente la vecchia linea di pensiero europea ormai costellata dalla vittoria delle destre nella maggior parte dei suoi stati membri.
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca rappresenta una sfida significativa per le relazioni transatlantiche, con il rischio di allontanare Europa e Stati Uniti su molteplici fronti. Di fronte a un’America meno impegnata e più concentrata su se stessa, l’Europa potrebbe essere spinta a rafforzare la propria autonomia in settori strategici e a cercare nuovi equilibri globali. Tuttavia, mantenere la coesione interna su temi come la difesa e la politica estera sarà cruciale per affrontare con successo un possibile allontanamento dagli Stati Uniti.
Se da un lato le differenze con Trump potrebbero spingere verso una maggiore indipendenza europea, dall’altro il legame storico e culturale tra Europa e Stati Uniti rappresenta una base solida, che potrebbe rivelarsi un fattore di stabilità anche in un periodo di possibili divergenze.
Francesco Saverio Masellis