Tra gli intellettuali più importanti della seconda metà del XX secolo figura certamente Susan Sontag (1933-2004), personaggio di spessore che non possiamo ridurre a vari epiteti come autrice, pensatrice, regista e critica. Sontag è stato tanto e molto altro.
Mentre era impegnata come docente all’università, piano piano divenne nota principalmente per le sue opere di saggistica, sull’estetica e sulla fotografia (“Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società”) o sulla malattia che a quel tempo infesta (“Malattia come metafora” e “L’AIDS e le sue metafore”). Si parla appunto del momento storico critico e precario dell’AIDS anche nell’opera narrativa “Così viviamo ora” ambientata nella New York degli anni Ottanta.
La peculiarità di Sontag sta proprio nell’aver saputo conciliare letteratura e senso civico. Nelle sue opere letterarie, romanzi e saggi, analizza le problematiche più sensibili alla sua contemporaneità sviluppando un senso di denuncia sociale. Considerata da molti “un’intellettuale da salotto”, Susan Sontag è stata, invece, anche un’attivista politica impegnata. Testimone oculare dei suoi anni, ha redatto un resoconto della sanguinosa guerra in Vietnam nel 1968 dopo essere stata sul posto (“Viaggio a Hanoi”) e nel 1992 è stata a Sarajevo, mentre la città era sotto assedio da parte dell’esercito di Miloševič, dove ha diretto in un teatro senza elettricità una messa in scena di “Aspettando Godot” di Beckett per raffigurare l’assurda situazione in cui capitava la capitala bosniaca.
In un’epoca di continue e globali contestazioni politiche, Susan Sontag è diventata presto un’icona. Studiosa, sapeva analizzare la cultura popolare e al contempo nei suoi diari rifletteva sulla scrittura.
Sofia Fasano