La città di Brindisi è ricca di numerosi reperti storici che dimostrano l’importanza di questo porto dell’Adriatico nel corso di tutta la storia, dall’antichità ad oggi. Tra i monumenti più importanti si deve tener sicuramente conto delle colonne romane che, poste in posizione sopraelevata, dominano l’intero bacino del porto.
Le due colonne vennero edificate sicuramente a scopo celebrativo. Non è però chiaro né quando, né da chi, né, soprattutto, perché vennero realizzate. Nel corso del tempo si sono susseguite ipotesi anche molto strampalate, che hanno attribuito la realizzazione dell’importante monumento ad Ercole, al cui figlio è attribuito fantasiosamente la fondazione della città.
Gli studiosi ritengono che il materiale sia parzialmente risalente all’epoca dei Severi, ma la presenza di elementi di reimpiego e il fatto che il capitello presenti dei busti di divinità in funzione di telamoni potrebbe far slittare la definitiva costruzione all’epoca bizantina. Probabilmente, quando i veneziani realizzarono le due colonne a piazza san Marco col leone e San Teodoro avevano in mente proprio quelle del centro pugliese.
L’ipotesi tradizionale vede le due colonne come il confine meridionale della Via Appia, che collegava, per l’appunto, Roma a Brindisi. Tale asse viario, recentemente divenuto patrimonio Unesco, rivestì un ruolo di straordinaria importanza nell’antichità, sia materiale, legato all’economia e ai trasporti, sia culturale, essendo stato oggetto di un’opera di Orazio nota comunemente come “Iter Brundisinum”, per l’appunto “Il viaggio verso Brindisi”.
Nel 1528, a causa di un forte terremoto, una delle due colonne crollò e i frammenti rimasero al suolo per oltre un secolo. Nel 1657, una terribile peste colpì la città di Lecce, i cui cittadini vollero innalzare un monumento al protettore Sant’Oronzo. Fu così che l’allora sindaco di Brindisi volle donare i frammenti della colonna crollata. Questi, trasportati a Lecce, concorsero alla realizzazione della colonna di Sant’Oronzo, tutt’ora presente nell’omonima piazza al di sotto della celebre statua di bronzo del santo patrono.
L’altra colonna venne smontata durante la Seconda Guerra Mondiale per proteggerla dai devastanti bombardamenti che colpirono la città, per poi essere ripristinata al termine del conflitto. Tra il 1996 e il 2002, il monumento venne nuovamente smontato per poter essere restaurato. Al momento della ricostruzione, l’originario capitello venne conservato presso il museo di Palazzo Granafei-Nervegna e sostituito da una copia.
Entrambe le colonne dovevano presentare le stesse dimensioni, circa 19 metri di altezza di cui quasi 2 di capitello. Questo, vero elemento di spicco del monumento, raffigura quattro divinità e otto tritoni, rappresentati tra foglie di acanto, tipico elemento dell’ordine corinzio.
Giuseppe Mennea