Il flamenco è la danza tradizionale dell’Andalusia che consiste nel battere a ritmo i piedi nudi a terra e le mani cantando. Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco dal 2010, al flamenco è stata dedicata una giornata mondiale che ricorre il 16 novembre.
Si suole far risalire le sue origini alle popolazioni gitane che occupavano le terre andaluse; precisamente, leggenda vuole che questo ballo sia nato a Sacromonte, nei pressi di Granada, in un complesso di grotte e cave dove questa popolazione zingara si insediò nell’XI secolo. Tuttavia, non è da escludere un’ipotetica paternità o influenza della dominazione araba che si era qui stanziata con l’istituzione del Califfato di Cordova. Infatti, la situazione vigente nella Bassa Andalusia era quella di interscambio culturale tra comunità cristiane, musulmane ed ebree.
Tradizionalmente, il flamenco è un rito catartico, inizialmente intimo e privato divenuto solo in seguito pubblico e fonte di spettacolo. Il legame con la religione sta anche nell’accompagnamento dei gesti con alcuni vocalizzi che servirebbero a invocare Dio.
Il termine stesso “flamenco” deriva dall’arabo morisco (ossia parlato nella terra di Al-Ándalus), “fellah min gueir ard”. “Fellah” significa “contadino” e “min gueir ard” designa una persona emarginata, privata dei suoi averi, come precisa lo studioso Antonio Manuel.
Ad oggi il flamenco è un genere musicale che ha saputo scavalcare le barriere geografiche ed è per questo apprezzato in tutto il mondo e non solo circoscritto alla penisola iberica.
Sofia Fasano