Il Gran Caffè Gambrinus: storia del più antico locale di Napoli

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Il binomio Napoli e caffè è altamente indissolubile. Si tratta di una bevanda entrata nella cultura partenopea, tant’è che qualche anno fa fu addirittura avanzata l’ipotesi di candidarla come patrimonio immateriale dell’Unesco. A contribuire al successo e alla diffusione della bevanda a Napoli è stato sicuramente anche un luogo, per certi versi identitario, famoso ormai in tutto il mondo. Si tratta del Gran Caffè Gambrinus, che sorge in Via Chiaia e si affaccia su Piazza del Plebiscito.

Il locale storico venne fondato nel 1860 dall’imprenditore Vincenzo Apuzzo, e riscosse da subito grande successo, divenendo anche Fornitore della Real Casa. Il nome deriva da un mitologico re fiammingo, Gambrinus, che viene ricordato come un vero e proprio patrono della birra. Andò ad occupare i locali al pian terreno di quello che, in epoca Borbonica, era il Palazzo della Foresteria, poi divenuto con l’unificazione sede della Prefettura.

Nel 1885 venne rilevato da Mariano Vacca, che ne affida la ristrutturazione all’architetto Antonio Curri, già professore presso l’Accademia di Belle Arti. È in questo periodo che il locale assume la conformazione attuale e gli ambienti vengono decorati da importanti maestri stuccatori napoletani e affrescati dai principali artisti dell’epoca. Il risultato è ricco di dettagli e decorazioni seguendo i canoni dello stile beaux-arts.

Il Gambrinus si afferma come cuore della vita mondana del capoluogo campano e viene frequentato dalle personalità di spicco dell’epoca, compresi numerosi artisti, poeti e letterati. Fu in queste sale che giunsero la Principessa Sissi nel suo viaggio a Napoli, Gabriele D’Annunzio che qui compose la canzone “A’Vucchella” e Matilde Serao che qui fondò il quotidiano “Il Mattino”. Tra gli altri ospiti illustri si devono ricordare Benedetto Croce, Oscar Wilde, Hemingway e Sartre.

Durante la Belle Époque si diffuse presso il Gambrinus la moda del café-chantant, ovvero un genere di spettacolo consistente in brevi rappresentazioni teatrali e musicali che avevano la particolarità di svolgersi nei pressi dei locali e non nei luoghi deputati allo spettacolo come i teatri. Fu in questo modo che, dalla storpiatura della parola francese “chanteuse”, cantante, nacque il soprannome di “sciantosa”, che era la figura femminile principale della rappresentazione.

Il Caffè continuò a esistere ininterrottamente fino al 1938, allorquando, su ordine del prefetto, fu chiuso in quanto luogo di ritrovo degli antifascisti. I locali vennero finanche ceduti al Banco di Napoli, segnando un lungo periodo di decadenza durato fino agli anni ’70. Fu allora che la famiglia Sergio rilevò i locali del vecchio Gambrinus, intraprendendo un certosino lavoro di recupero e restauro e permettendo una repentina riapertura dell’antico locale.

Ad oggi risulta essere uno dei pochi caffè letterari storici italiani ancora attivi, e sicuramente rappresenta un punto di riferimento storico-culturale nel centro di Napoli.

Giuseppe Mennea

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