La notizia dell’arresto di Cecilia Sala a Teheran, avvenuto il 19 dicembre, è stata diffusa solamente il 27 del mese scorso. Giornalista, autrice di libri e podcast di inchieste, esperta di geopolitica e reporter, Cecilia Sala era partita da Roma il 12 dicembre con un visto giornalistico, e avrebbe dovuto far ritorno in Italia il 20. La detenzione perdura ancora oggi in una cella di isolamento nella prigione di Evin, dove vengono tenuti i dissidenti, ma le ragioni del suo arresto sono state formalizzate dalle autorità iraniane solo in un secondo momento: violazione delle leggi della Repubblica islamica. Intanto le condizioni in cui versa Sala sono piuttosto critiche.
Si può essere d’accordo o meno con le sue analisi, con i suoi commentari e reportage non sempre oggettivi, ma sul rilascio di un giornalista professionista e impegnato non possono esserci troppe titubanze come già accaduto in passato. Come pure è il caso delle centinaia di giornalisti che stanno venendo puntualmente uccisi nei conflitti attualmente in corso. Questi avvenimenti ci devono far riflettere sulla condizione e sulla reputazione sociale di cui (non) godono giornalisti e ricercatori, non solo in un’ottica ristretta al nostro Paese, ma anche allargata al panorama internazionale.
Sofia Fasano