L’architettura socialista: classicismo e modernismo a confronto

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Il complesso “Largo” a Piazza Indipendenza, Sofia.

Una visita in una qualsiasi città dell’Europa Orientale lascia spesso interdetti a causa della convivenza forzata tra due diverse tipologie di edifici: se da un lato il centro è arricchito da palazzi scenografici e grandiosi, dall’altro le periferie pullulano di distese di blocchi, torri e parallelepipedi in cemento armato e prefabbricati, per lo più di un asfissiante colore grigio. Si tratta di due diverse correnti che si sono succedute nel corso dell’epoca comunista, da un lato il classicismo socialista e dall’altro il modernismo.

Il classicismo socialista rappresenta la corrente affermatasi nel periodo storico segnato dal governo di Stalin. Può essere a grandi linee fatto coincidere con gli anni che vanno dal 1933 al 1955, rispettivamente quello in cui si progettò il Palazzo dei Soviet a Mosca e quello in cui si sciolse l’Accademia Sovietica di Architettura.

Il distretto Druzhba, visione d’insieme, Sofia.

Il modernismo socialista, invece, è fatto risalire agli anni dal 1955 al 1991, crollo definitivo dell’URSS.

Le due correnti sono caratterizzate dal comune elemento della pianificazione territoriale, andando ad applicare anche nell’ambito dello sviluppo urbano quei concetti dirigisti che si provò ad applicare all’economia. Le città vennero riorganizzate in distretti sulla base della geografia urbana e si intraprese una vasta opera di interventi, a volte limitati a singoli progetti, altre volte complessivi e consistenti nella demolizione e ricostruzione dei caseggiati.

Ciò che, invece, rappresenta la principale differenza tra le due correnti è data dalla tecnologia. Se il classicismo si caratterizzò per l’impiego del laterizio, il modernismo impiegò il cemento armato e i prefabbricati al fine di contenere i costi. Il tutto a causa della forte critica mossa da Nikita Chruscev verso gli “eccessi” del classicismo. Fu proprio l’eccesso di costi e di risorse da impiegare a determinare il progressivo abbandono del classicismo socialista, che non poteva essere adoperato su vasta scala per soddisfare le esigenze dell’intera popolazione.

Il Parlamento bulgaro.

Se, quindi, il classicismo socialista muoveva ed era influenzato dalle precedenti correnti del neoclassicismo e dell’art nouveau, di cui si osservavano importanti esempi a Mosca e San Pietroburgo, il modernismo socialista finì per applicare la logica della standardizzazione dei processi costruttivi.

Queste ultime caratteristiche furono via via esasperate in epoca post-bellica per risolvere il prima possibile il problema della ricostruzione, determinando un periodo intermedio e di passaggio tra le due correnti. Se le strade principali continuarono ad arricchirsi di edifici di pregio, spesso destinati agli uffici o alle residenze dell’élite del partito, le periferie iniziarono ad assumere la classica conformazione a scacchiera, pur mantenendo ampie aree verdi (principale differenza rispetto all’edilizia popolare occidentale).

Le “Petronas Towers” di Sofia a Druzhba.

Tutto questo può essere notato, ad esempio, a Sofia. A titolo esemplificativo consideriamo Piazza Indipendenza e il distretto Druzhba. La prima, precedentemente Piazza Lenin, ospita il complesso Largo, costituito da tre edifici governativi, tra i quali spicca sicuramente la vecchia sede del partito comunista, oggi occupata dal Parlamento bulgaro. La facciata dell’edificio presenta una fascia in bugnato scuro, posta al di sotto della fascia più ampia, di colore chiaro, scandita da sei colonne. Al centro della facciata, al di sotto dell’ultimo piano, campeggiava lo stemma del partito, oggi rimosso. Nel complesso, si vede il chiaro influsso dello stile neoclassico, determinato sia dalle forme che dai toni dell’edificio.

Di contro, il panorama di Druzhba è dominato da vasti caseggiati tutti simili, che si sviluppano attorno a un vasto parco con un laghetto. A svettare sullo skyline troviamo i blocchi 67 e 68, ironicamente soprannominati le “Petronas towers” di Sofia. Si tratta di due edifici a torre di circa 20 piani collegati a mezz’aria da un ponteggio su cui si sviluppano altri appartamenti. Il complesso è caratterizzato da una ripetizione di un singolo schema, che viene riproposto con variazioni per dare un minimo di dinamicità alla facciata. Assente qualsiasi forma di decorazione, a differenza del centro della città.

Giuseppe Mennea

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