CHIOSCO ILLEGALE A GIOVINAZZO. IL SINDACO NE ORDINA LO SMANTELLAMENTO A SPESE DEL COMUNE

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Da anni, un gabbiotto, adibito alla vendita di piante e di fiori, trovasi installato sul marciapiede all’intersezione tra via Colapiccoli e il terminale di via dei Cappuccini. Un punto di vendita che, per la verità, non è durato a lungo, tant’è che il manufatto è, da tempo, chiuso ed abbandonato, al punto che, si dice, essere ormai ridotto in condizioni igienico-sanitarie preoccupanti per la salute pubblica.

E’ ben nota a tutti quella struttura per essere in un quartiere centrale della città, particolarmente frequentato e, oltremodo, crocevia di un intenso traffico veicolare, ma nessuno pare si sia mai mosso ritenendolo rischioso per la sicurezza urbana. Almeno fino a quando un rapporto del Comando della Polizia Urbana, datato 20 novembre scorso, non ha evidenziato che quell’installazione, a motivo del suo deteriorarsi, potrebbe riservare un qualche nocumento per l’incolumità cittadina.

Cosa abbia prodotto presso gli uffici del Palazzo la relazione di sopralluogo del Corpo di Polizia, circa il perdurare inoperoso, in area demaniale, di quel chiosco in stato di abbandono e con possibile pregiudizio per la comunità locale, non è dato saperlo. Senz’altro, non escluderei che abbia suscitato un certo rimpallo di competenza tra le diverse direzioni gestionali riguardo agli adempimenti da mettere in essere per scongiurare il verificarsi del rischio supposto dagli agenti municipali che ebbero e svolgere l’accertamento. Tanto lo si può desumere dal fatto che del caso si è dovuto occupare l’organo di governo che ha, perfino, ritenuto di dover attivarsi, nientemeno, con una Ordinanza, motivata da ragioni di necessità ed urgenza, a norma dell’art.50 del D.Lgs. n.267/2000 (TUEL), indirizzata alla stessa sua dirigenza comunale. Il Sindaco, infatti, con Atto ordinatorio n.11 del 19.03.2025, ha disposto formalmente che il Dirigente del Settore Patrimonio provveda alla demolizione del manufatto e al ripristino dello spazio occupato per il recupero alla libera fruizione cittadina.

Insomma, con detto provvedimento, di natura straordinaria, il Sindaco, in veste di autorità sanitaria locale, ha inteso investire il Dirigente comunale perché si attivi a che quel chiosco, entro 30 giorni, sia da lì rimosso e, quindi, risistemata l’area occupata, così da eliminare ogni ipotizzato rischio per la sicurezza urbana.  Dunque, per risolvere questa incresciosa e perdurante anormalità, ci si è avvalsi di un provvedimento extra ordinem, cui generalmente si fa ricorso in circostanza di un reale e imprevisto pericolo e in casi di estrema urgenza, e lo si è posto in essere, per giunta, a distanza di ben quattro mesi da quando il Comando di Polizia ha reso il suo rapporto. Segno che la situazione non riveste i caratteri della urgente pericolosità, previsti dal richiamo legislativo invocato; considerato, pure, che al Dirigente è stato assegnato il termine di trenta giorni per provvedere allo smantellamento del manufatto.

A prescindere, poi, dalla anomala procedura messa in pista dal Sindaco con l’ordine rivolto al Dirigente di procedere alla rimozione del chiosco a spese del Comune, salvo poi l’eventuale recupero nei confronti di chi l’abbia installato, dal contenuto dell’atto medesimo si evince che gli uffici comunali non possiedono elementi circa il come e il quando sia stato impiantato quel chiosco. Ed anzi viene, pure, significato che non si è in grado di individuare il soggetto che l’abbia, a suo tempo, costruito e, neppure, se sia mai stata rilasciata dall’ufficio competente una licenza all’attività di vendita di fiori in quel sito.

Qualcosa di veramente inaudito!

Per anni quella struttura è stata lì edificata, allo scopo di vendita di prodotti floreali, e non si hanno rintracci di una qualche concessione edilizia per tale insediamento in area demaniale e, neppure, di un titolo abilitativo a svolgere la supposta attività commerciale.

E allora viene da chiedere: Che senso ha l’Atto ordinatorio straordinario rivolto alla Dirigenza comunale perché metta fine all’inconveniente derivante dal deteriorarsi di quell’elemento edilizio, con espresso richiamo ai presupposti di contingibilità e urgenza di cui all’art. 50 del TUEL, in una situazione in cui non si è in grado di certificare l’autore della istallazione, responsabile dell’asserita illegalità?

Forse non si poteva agire con le ordinarie procedure amministrative, affidando ad una impresa, secondo le regole di appalto diretto, le prestazioni necessarie allo smantellamento del gabbiotto, previa una urgente verifica tecnica e di spesa della operazione a cura di un tecnico comunale?

Non sono forse intrattenuti dalle direzioni tecniche comunali accordi quadro, finalizzati all’affidamento a una impresa prefissata esecuzioni di opere straordinarie per la sistemazioni di strade e piazze e/o interventi per ripianare inconvenienti e imprevisti, a salvaguardia della sicurezza urbana, cui far rientrare l’operazione di sgombero di cui ci si occupa?

Giuseppe Maldarella

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