Il Thiago confuso: cosa sta succedendo a Motta e alla Juventus?

Dal gioco al capitano della squadra, passando per singoli e ossessione: tutti i grattacapi del tecnico bianconero.

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Ieri sera contro il Benfica, la Juventus ha incassato la seconda sconfitta consecutiva dopo quella subita a Napoli lo scorso sabato. Complessivamente sono quattro contando la prima subita in Champions League dallo Stoccarda e la semifinale di Supercoppa contro il Milan. Alla Continassa si sta vivendo un momento di grande confusione tra problemi in campo e fuori.

Se non è un periodo di crisi poco ci manca. E in campionato le cose non vanno meglio: rispetto alla scorsa stagione, la Juve ha raccolto ben 16 punti in meno (53 punti nel 2023-24 contro gli attuali 37).

Al termine del match contro i lusitani, la squadra è stata bersagliata dai fischi dello stadio. Non la prima volta quest’anno, ma una contestazione del genere in 14 anni all’Allianz Stadium è difficile da ricordare. Quello di Thiago Motta è un progetto tecnico che non decolla. Inevitabile che quando i risultati non arrivano sotto accusa ci finisce l’allenatore.

Ma cosa viene rimproverato con esattezza all’ex centrocampista di Genoa e Inter?

Gioco: Thiago è stato scelto da Cristiano Giuntoli per iniziare un nuovo corso nella Juventus. Dal “minimo sforzo, massimo risultato” di Massimiliano Allegri al bel gioco dell’italo-brasiliano ammirato nel biennio a Bologna. Assimilate le idee tattiche del nuovo allenatore, la squadra non sembra compiere passi avanti e anzi peggiora di partita in partita. Ingiustificate anche le scelte di mettere fuori ruolo diversi elementi della rosa (come Weah e McKennie terzini o Locatelli difensore centrale dopo l’uscita di Kalulu). Da qui in avanti l’emergenza infortuni non potrà essere sempre un alibi. Anche perché sono arrivate forze fresche dal mercato.

Squadra sbadata: se c’è un errore che supera tutti gli altri è la mancanza di attenzione. La squadra a volte dimentica che una partita dura 90 minuti più recupero. E in questo senso i pareggi contro Cagliari, Lecce, Venezia, Fiorentina e Torino significano 10 punti persi. Senza scordare la sconfitta di Napoli avvenuta anch’essa in rimonta. Se in passato la difesa era il punto di forza, adesso è diventato un problema. Nonostante sia terza per reti incassate in Serie A, nelle ultime nove gare tra campionato e coppe la porta bianconera è stata espugnata in sette occasioni. A questo si aggiungono le prestazioni scadenti dei singoli che anziché compiere un salto di qualità naufragano con tutto il gruppo. In questa maniera risalire la china sarà sempre più difficile.

Vlahovic: qui dobbiamo tornare al Thiago allenatore del Bologna. Quando arriva in Emilia nel settembre 2022, il titolare dell’attacco rossoblu è Marko Arnautovic, fino a quel momento capocannoniere del campionato. Con il cambio di allenatore, l’austriaco vede il campo con meno frequenza anche perché le sue caratteristiche non si sposano con il gioco dell’allenatore italo-brasiliano. La sua partenza verso la Milano nerazzurra ha garantito l’esplosione di Joshua Zirkzee, tecnicamente un passo avanti rispetto all’attuale interista ma meno finalizzatore del collega. Conclusione: a Motta non piacciono i numeri nove.

E quanto sta avvenendo con Vlahovic è un déjà vu. Inizialmente titolare inamovibile, pian piano è stato superato nelle gerarchie. Anche se va detto che il serbo ci ha messo del suo con prestazioni sottotono. Seppur titolare ieri sera, non è più la prima scelta in casa bianconera. Già out contro Club Brugge e Napoli, l’impressione è che con Kolo Muani fuori dalla lista Champions sia stata più una necessità che un attestato di fiducia da parte dell’allenatore.

Koopmeiners: l’olandese è diventato il capro espiatorio di questa Juve. Senza alcun’ombra di dubbio Teun è irriconoscibile rispetto al triennio con l’Atalanta. Di quel centrocampista tuttofare che ovunque lo si posizionava non peccava una prestazione a Torino sembra essere arrivato un lontano parente. Ma Motta continua a non farne a meno e solo in tre occasioni è partito dalla panchina. Tradotto: in campo dieci più Koop. L’olandese non si tocca ma continua a rimanere un mistero.

Danilo: c’è modo e modo nel dire a un calciatore di non rientrare più nel progetto tecnico. Ma nel caso del capitano della squadra non si poteva attendere giugno per separarsi? Non si giustifica la fretta di questo divorzio con un giocatore oltretutto in scadenza di contratto. Parliamo di un ragazzo che non ha mai creato problemi all’interno dello spogliatoio e che con il lavoro si è guadagnato la fascia. E nella storia bianconera, esclusi gli oriundi Monti e Sivori, nessun calciatore straniero è stato eletto capitano.

Personalità: quello che è successo con Danilo è avvenuto in estate anche con Wojciech Szczesny. Ufficialmente i due sono stati allontanati per risanare il bilancio economico del club. Ma sia il brasiliano che Tek erano pronti a tagliarsi lo stipendio pur di continuare la loro avventura in bianconero. Dunque, se non si tratta di soldi qual è il vero problema? La sensazione è quella che Motta si sia voluto liberare di due profili che, per quanto facessero il bene dello spogliatoio, potevano essere ingombranti davanti al tecnico bianconero. Il messaggio è che c’è un solo maschio alfa ed è l’allenatore. Più chiaro di così…

Ossessione: una parola che ha acquisito tanto eco dal match di Supercoppa contro il Milan ad oggi. Ma anche qui dobbiamo ritornare all’esperienza di Bologna: anche in Emilia, il buon Thiago utilizzava questa parola quando i suoi rossoblu erano in corsa per la Champions. Solo che Bologna e la Torino bianconera sono due contesti completamente diversi. Un conto è divertire come hanno fatto i felsinei nella passata stagione, ed il risultato è stato bellissimo e sorprendente. Un altro conto è essere alla guida di un club che ha come motto «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». E in un periodo storico dove si dà molta attenzione alla comunicazione, il buon Motta ha toppato.

Fasce girevoli: per certi aspetti l’ultimo dei problemi ma ha anch’esso un suo peso. Una qualunque squadra parte sempre prima della stagione con un capitano designato e uno o più vice. Con l’elezione di McKennie ieri sera, in casa Juve si è giunti al settimo capitano in meno di sei mesi. Senza Danilo, dovrebbe toccare a Locatelli essere il primo in ordine di gerarchia ma a Motta piace far girare la fascia che è comunque un simbolo di leadership e ha un peso su chi la porta al braccio. Però la fascia rappresenta lo stato che vige attorno alla squadra bianconera: confusionale.

Insomma, non è un periodo facile per Motta. Arrivato a Torino con l’obiettivo chiaro di costruire un nuovo ciclo, il tecnico è chiamato a smentire gli scettici e a svegliare una squadra che pecca di grinta e carattere. Una mano può averla data il mercato. Oltre a Kolo Muani in attacco, sono arrivati Alberto Costa e Renato Veiga in soccorso alla difesa. Di lingua madre portoghese come il tecnico bianconero, i problemi di comunicazione saranno scongiurati.

Dare un’identità richiede tempo, e infatti nessuno sta obbligando la Vecchia Signora a vincere dei trofei con effetto immediato. Ma l’ossessione per il successo non deve mai mancare. A partire da domenica ad Empoli.

Paolo Gabriel Fasano

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