Come avvenne la nascita di Gesù: i pastori

  • 0
  • 758 visualizzazioni

Adorazione dei pastori, Correggio, 1525-1530 circa Gemäldegalerie di Dresda

I pastori che sono venuti ad adorare il Cristo bambino sono ammirati con devozione quali simboli di umiltà. Tuttavia, al tempo di Cristo la popolazione, generalmente, non aveva grande considerazione di loro, non erano proprietari del gregge, viaggiavano da un posto all’altro e vivevano in tende come girovaghi, pascolando su terreni non di loro proprietà. Eppure, in tutte le Scritture leggiamo di diversi profeti e re che erano pastori, tra cui Abramo, Isacco, Giacobbe e Davide. Anche se non apprezzati dalla società, Dio ha evidentemente amato i pastori. Ebbene, il Signore li ha scelti per essere tra i primi testimoni della sua nascita. Da questa storia possiamo imparare che il Salvatore chiama spesso le persone più deboli nel mondo per testimoniarlo.

Nel I secolo, le pecore erano una parte importantissima nell’economia della vita antica. Prendersi cura delle pecore era un’attività molto delicata, esse fornivano lana per i vestiti, latte e carne per cibo e gli agnelli venivano offerti come sacrificio nel tempio. Ogni mattina e sera un agnello veniva immolato sull’altare del sacrificio per il perdono quotidiano dei peccati di Israele.

Osserviamo ora più da vicino questi pastori che sono stati scelti da Dio per essere testimoni singolari della nascita di Gesù. Luca ci racconta che questi stavano vegliando i loro greggi nei campi vicino a Betlemme, un piccolo villaggio poco lontano da Gerusalemme a circa 10 chilometri. A causa della vicinanza di Betlemme al tempio e del gran numero di pecore che sarebbero stati necessari per i sacrifici quotidiani, molti studiosi ritengono che questi pastori fossero in realtà pastori del tempio. Se questo è vero, la maggior parte di queste pecore sarebbero state offerte come sacrifici al Signore.

Luca ci dà anche un’indicazione sul periodo dell’anno in cui si è verificato l’evento della nascita del Salvatore. Egli afferma che i pastori stavano “pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge” (Luca 2, 8). La stagione di monta avveniva in tarda estate/autunno (Settembre-Ottobre) e il parto in tardo inverno (Febbraio- Marzo). Durante la stagione del parto, i pastori rimanevano con i loro greggi sia di giorno che di notte, vivendo tra le pecore in modo da poter assistere alla nascita di un nuovo agnello. Poiché è risaputo che le pecore possono avere due o anche tre agnelli nati insieme, era necessario che il pastore vegliasse sul primogenito di una pecora madre. Come prescrive la legge di Mosè, gli agnelli primogeniti dovevano essere offerti come sacrificio particolare al Signore. Questo significa che il pastore avrebbe dovuto marcare il primogenito, possibilmente con un nastro rosso, per distinguerlo dagli altri agnelli appena nati.

Mentre questi pastori vegliavano sul loro gregge, improvvisamente un angelo del Signore apparve a loro nel buio della notte e disse: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Luca 2, 10-11). Si può solo immaginare la paura che riempì i loro cuori, rapidamente trasformata in grande gioia. Per secoli Israele aveva aspettato che il Salvatore venisse e ora, il Messia tanto atteso, era qui.

I pastori immediatamente partirono lasciando tutto alle loro spalle e con grande fretta si misero alla ricerca del Messia, compito non facile. Per questo l’angelo diede loro un indizio: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Luca 2, 12).

Dopo aver trovato il Bambino avvolto in fasce e disteso in una mangiatoia, proprio come descritto dall’angelo, i pastori lo adorarono e poi raccontarono a tutti quelli che incontravano ciò che avevano visto. Essi furono i testimoni eccezionali del Figlio di Dio venuto sulla terra come Salvatore e Messia e nonostante fossero sul gradino più basso della società, il messaggio dei pastori fece sì che altri si meravigliassero di fronte alla gioiosa notizia.

Frequentemente possiamo sentirci come i pastori, indegni, ignoranti, trascurati dal mondo, eppure il Signore chiama gli umili e i deboli a testimoniarlo. Dio conosce la potente testimonianza che ognuno di noi può condividere. Anche noi possiamo andare in fretta per trovare il Salvatore in questo mondo di tenebre e disperazione. Anche se ci sentiamo non adatti per diffondere la buona notizia del Vangelo, non importa il nostro status sociale, la nostra ricchezza, il nostro lavoro o le nostre qualifiche, anche noi possiamo essere come i pastori e diffondere il Vangelo a tutti quelli che la ascolteranno. Perché per noi è nato un bambino, Gesù Cristo, il Salvatore del mondo.

Antonio Calisi

Una lingua e un popolo invisibile: l’Arbanasi
Articolo Precedente Una lingua e un popolo invisibile: l’Arbanasi
Furor amoris: racconti di ordinaria pazzia nel mondo antico
Prossimo Articolo Furor amoris: racconti di ordinaria pazzia nel mondo antico
Articoli collegati

Lascia un commento:

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I tuoi dati personali verranno utilizzati per supportare la tua esperienza su questo sito web, per gestire l'accesso al tuo account e per altri scopi descritti nella nostra privacy policy.