Sapere in catene

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In epoca fascista uno dei maggiori strumenti di propaganda a scuola era il libro di testo unico per la scuola elementare, caratterizzato dalla costante presenza – dalle pagine di lettura ai problemi di matematica – della figura di Mussolini, del buon fascista e del glorioso passato della nazione. Tutto il percorso d’istruzione era controllato dai vertici del Partito Nazionale Fascista (PNF), così come anche i testi per le scuole superiori passavano al vaglio della censura; sottoposta a un particolare trattamento di selezione dei contenuti era, innanzitutto, la «storia», volta da un lato a esaltare la grandezza del passato italiano, ad esempio ridonando linfa alle vicende dell’antica Roma, dall’altro a celebrare l’azione politica del governo, anche laddove, come nel caso dell’introduzione delle leggi razziali, non vi fosse nulla da celebrare. In quel ventennio, dunque, l’insegnante, costretto a prestare giuramento oltre che a possedere la tessera del PNF, aveva subito una notevole diminutio, divenendo un ripetitore di un programma deciso a livello ministeriale, con fini politici più che educativi. Fu a partire dal 1931 che divenne obbligatorio per i docenti universitari il giuramento di fedeltà, ideato dal filosofo Giuliano, all’epoca Ministro per l’Educazione Nazionale. In tutto il paese furono solo una quindicina, su 1.251, i docenti universitari che si sottrassero a tale gesto, perdendo così la cattedra. Ciò significava per gli insegnanti italiani essere non più soltanto dei dipendenti pubblici, ma dei veri funzionari politici; non più veicoli di cultura e promotori del libero pensiero, bensì ingranaggi di una struttura propagandistica al servizio del fascismo.

                       Maria Elide Lovero

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