Il secondo uomo più sapiente dell’antichità, sempre secondo Platone, è stato un abitante di Mitilene -polis situata sull’isola di Lesbo- e concittadino del famoso poeta Alceo: Pittaco.
Nato nel 640 a.C. Pittaco subito si distinse per il suo coraggio e l’impegno sociale: ci racconta Diogene Laerzio, nel suo “Vite e dottrine dei filosofi illustri”, che, con i fratelli del poeta Alceo, era riuscito a far deporre il tiranno Melancro (612 a.C.), odiato dalla classe aristocratica e a far salire al trono il suo amico Mirsilo.
Questa azione gli diede fama di immenso coraggio, che fu poi confermata poco più tardi quando nel 600 a.C. i mitilinesi si scontrarono con gli ateniesi per il possesso dell’Achillitide: Pittaco, posto a capo delle truppe, decise di scontrarsi con Trinone, pancratista olimpico e generale degli ateniesi, per decretare il vincitore. Il nostro vinse grazie ad un sotterfugio: imprigionò Trinone con una rete nascosta sotto lo scudo e lo trafisse a morte.
Nel 590 a.C. Mirsilo morì e, per appianare gli scontri sociali, Pittaco venne eletto come esimneta (dal greco antico “aisymnètes”, “capo” “re elettivo”) per dieci anni. Egli governò sempre con giustezza e bontà d’animo, riuscendo a calmare le tensioni grazie a diverse leggi, tra le quali quella che aumentava la condanna a chi compiva reati in stato di ebbrezza.
Credeva fermamente nel perdono: aveva infatti perdonato Tirreo, l’uccisore di suo figlio, e soprattutto aveva permesso il ritorno in patria di Alceo, accanito odiatore delle tirannidi contro cui aveva scritto numerose invettive.
Simone Lucarelli