Ogni anno si rinnova un appuntamento unico e suggestivo, di recente tradizione, per l’Arciconfraternita del Carmine: il compianto sul Cristo morto. Luci soffuse e canti hanno accompagnato la riflessione sulla realtà del sabato santo, giorno a-liturgico per la Chiesa Cattolica, ma fortemente evocativo e di significato particolare. Ad aprire il momento di preghiera è stato il seminarista Alberto De Mola, il quale si è soffermato su molti particolari delle icone orientali, nelle cui pennellate già si rende presente la vittoria di Cristo sulla morte, che schiaccia il diavolo e si fa solidale con gli uomini giusti che, non per loro colpa, erano vissuti prima della redenzione operata con la Croce. È seguita così una intensa meditazione a partire dagli scritti del teologo Hans Urs von Balthasar, uomo di grande fede e intellettuale della nostra epoca, molto attento alle sfide del tempo. È proprio sulla realtà del sabato santo che il teologo impianterà la sua “teologia della speranza”: si tratta non di una teoria della grazia a buon mercato, tanto che le ingiustizie della storia, insieme ai mali più atroci, vengono trascurate, ma della condizione di impossibilità dell’uomo di giacere in uno stato di abbandono dopo la morte. Cristo, infatti, con la sua morte e la sua discesa ai morti, eternizza tutta la realtà: “cielo, terra e sottoterra” (cfr. Fil 2,10) trovano luogo in Dio stesso. Con la morte di ogni uomo avviene sì il giudizio, intriso di misericordia (cfr. Sal 145), ma questo è già attuale per i viventi: l’eternità si fa contemporanea a chiunque voglia esporsi alla forza dell’amore di Cristo, che sempre raggiunge l’uomo e gli dona la possibilità di redenzione. Davanti alla morte non c’è parola che tenga, è il factum brutum che porta molte volte l’uomo a pensare alla vita come un salto nel nulla, lasciando i segni della disperazione per chi rimane. Così l’Arciconfraternita ha voluto meditare anche sulla sfiducia, sul sentimento di abbandono vissuto dai discepoli di Gesù, rimasti orfani e delusi dopo la morte di colui che sarebbe dovuto essere il loro Messia. La morte di Cristo è un fallimento per gli occhi umani, ma è anche il segno di massima solidarietà di Dio con l’uomo, il punto più basso redento dalla luce eterna. Sei i brani musicali che hanno caratterizzato questo pio esercizio, eseguiti dai Maestri Fabio D’Amato (pianoforte), Lucia de Bari (soprano), Carlo Masellis (tenore): Ave Verum Corpus, Ecco l’Uomo, Madre io vorrei, Pietà Signore, Panis Angelicus, Mater Iubliei. L’assemblea si è sciolta dopo i ringraziamenti per la partecipazione del priore Gaetano Masellis, il quale ha sottolineato l’importanza della sinodalità, del cammino comune per realizzare, custodire e far fiorire questa tradizione che è piena consapevolezza della speranza di Cristo e preludio della Pasqua.
Michele Emanuele Troia