GIOVINAZZO (BA): L’INUTILIZZABILITA’, “IL FILE ROUGE” CHE LEGA IL CARCERE ALLA CICLOSTAZIONE.

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Potrebbe sembrare assurdo accomunare il carcere con la ciclostazione, quali opere pubbliche a servizio della comunità di Giovinazzo. Invece, io trovo del tutto paragonabile l’iter realizzativo di queste due strutture comunali, ancorchè la scelta politica alla base delle rispettive costruzioni rispecchi ragioni funzionali diverse, contesti sociali discordanti e, soprattutto, epoche distanti nel tempo.

La struttura carceraria fu edificata, sul finire degli anni ‘50 del secolo scorso, per funzionare come casa circondariale in connessione con l’allora sistema giustiziale pretorile, mentre la ciclostazione è insorta come posto di ausilio e supporto alla mobilità alternativa a Giovinazzo, occupando parte della Piazza Stallone ed ultimata, al completo con  l’attrezzaggio pertinenziale, nell’agosto del 2020.

E ben detto! Ciò in cui io rilevo poter essere assimilati entrambi gli immobili è la loro completa inutilizzabiltà per il servizio cui sono stati attuati e, di conseguenza, l’inadeguatezza strutturale a poter essere destinati per una diversa fruizione pubblica.

Per quanto concerne il carcere, risalendo la sua costruzione ormai a oltre settant’anni fa, è bene rammentare che la prima Amministrazione democratica del dopo guerra volle la fabbricazione di detta struttura su un terreno di risulta, con spese a carico del bilancio locale, allo scopo di poter avere, a Giovinazzo, la dislocazione di un ufficio pretorile da insediare nel fabbricato ex ONMI (“Opera Maternità ed Infanzia”, risalente all’epoca del regime); edificio poi fatto demolire, negli anni ’80, dal Sindaco dott. Milillo per costruirvi il mercato giornaliero e il comando di Polizia Urbana. La dimora carceraria, nonostante edificata e compiutamente arredata non conseguì giammai l’agibilità al servizio per cui fu eretta, né tanto meno consenti che Giovinazzo divenisse sede di Pretura. Il distretto giudiziario di via Cappuccini continuò, pertanto, a funzionare come Ufficio di Conciliazione, fin tanto che non fu trasferito presso il Palazzo dei Capitani di proprietà comunale in Piazza Umberto. L’edificio del carcere fu occupato, invece, dalle famiglie sfollate dell’alluvione che occorse proprio sul finire degli anni ’50 e, di conseguenza, abbandonato a se stesso, fu depredato di tutte quante le pertinenze di cui era provvisto, per rimanere completamente in disuso fino ai giorni nostri. Con l’avvento del Sindaco Depalma, già nel corso del suo primo mandato nel 2015, si dispose l’alienazione dell’immobile insieme al Macello comunale. E per rendere allettante l’acquisizione da parte dei privati dei due fabbricati si ebbe a prevedere, contestualmente al piano di vendita, la valorizzazione degli stessi con il cambio di destinazione a funzioni turistico-ricettive, mediante la procedura del  disposto dell’art.58 della L. n. 133/2008 di conversione del D.L. n. 1112/2008. Il procedimento di vendita, per vari intoppi amministrativi, non escluso il ripetersi delle gare più volte andate deserte, si è prolungato fino a novembre scorso cui, per il solo carcere, si è trovato l’acquirente, la S.r.l. V.M. Costruzioni di Bitonto, che se l’è aggiudicato al prezzo di € 720.000,00.  L’immobile, ancorchè assegnato in via amministrativa all’offerente M.V. Costruzioni S.r.l. continua ad essere nella reale disponibilità del Comune non essendo stata ancora stipulata la vendita con atto pubblico che ne formalizzi il trasferimento reale della proprietà.

Tutto, dunque, è ancora sub iudice anche perché, realisticamente, l’edificio per la sua posizione edificatoria e per la stessa sua tipologia edilizia può presentare qualche difficoltà a essere riconvertito a impianto ricettivo, prevedendosi che la radicale sua ristrutturazione edilizia debba sottostare a validazioni di conformità ambientale e paesaggistica, oltre che essere subordinata alle acquisisizioni pertinenziali di cui al DM 02.04.1968, n.1444.

Altrettanto si può affermare per la ciclostazione che, edificata a stretto giro di tempo con finanziamento regionale di € 235.434,83, oltre al concorso di € 1.000,00 di contributo comunale, è stata completata anche con la fornitura degli allestimenti interni, già nell’estatate del 2020, e, a oggi, non è per niente utilizzata.

Preme ricordare che la sua costruzione fu motivata dal governo Depalma con la necessità di mettere a disposizione della cittadinanza e dei turisti un servizio di bike sharing  (utilizzo di biciclette a noleggio) allo scopo di favorire soluzioni green di mobilità cittadina, in alternativa ai propri mezzi.

E’ convincimento dell’Amministrazione che tale servizio di bike sharing  possa essere assicurato da un privato cui verrebbe affidata la struttura della ciclostazione nella forma di comodato d’uso dell’immobile. Tali, infatti, sono le indicazioni che si ricavano dal contenuto della Dilibera della Giunta del 12 gennaio 2022, ancora un’altra seduta costituita da tre Assessori anzicchè cinque, con la quale sono stati disposti i termini, le condizioni di esercizio e le stesse tariffe al pubblico per il noleggio delle bici e delle connesse prestazioni di riparazione, oltre che fissare il canone annuo di € 1.200,00 per l’utilizzo dell’immobile in comodato da parte del gestore.

A distanza di oltre un anno da quella disposizione, messa a punto dal Sindaco Depalma, la velostazione, con tanto di targhe di dedica al noto campione “Franco Ballerini”, rimane chiusa e inoperosa e, per quel che più conta, senza una chiara prospettiva per il suo  specifico funzionamento. Non escludo che forse, per quanti tentativi in via informale si siano esperiti, non si è trovato alcuno disposto ad assumere la gestione di detto apparato, impegnadosi a introdurre e promuovere il bike sharing, nonostante siano disponibili nella struttura tutti i mezzi e gli attrezzaggi indispensabili per avviare il servizio.

D’altronde, sembra difficile constatare la presenza in città di una cerchia di clientela interessata ad avvantaggiarsi di un tale servizio, considerato anche che coloro che si muovono in bici lo fanno con i propri mezzi né sarebbero propensi a usufruire delle bici a noleggio dietro il pagamento di una tariffa.  Peraltro, anche in città grandi dove è, da qualche tempo, in atto il bike sharing non sembra abbia avuto riscontri positivi, al punto che non mancano casi di dismissioni del servizio.

Dunque, a parte la domanda se sia stato effettivamente fruttuoso e azzeccato quel sostanzioso investimento per la costruzione del manufatto da asservire al bike sharing, qual è il destino di quella particolare costruzione? Non rischia forse di avere la stessa sorte del carcere non potendo utilizzarla ad altri scopi? Peraltro, tenerla a lungo chiusa ed inutilizzata, si rischia che venga spogliata degli arredi ed attrezzaggi di cui è dotata, come appunto si è verificato con il carcere.

Giuseppe Maldarella

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