Un’espressione cui si fa sovente ricorso nel linguaggio quotidiano è “avere l’occhio di lince”, volta ad indicare qualcuno dotato di vista straordinaria o, talvolta, di intelligenza previdente; tuttavia in pochi sanno che tale modo di dire affonda le sue radici nella mitologia greca.
È noto che la lince, grazie ai suoi occhi, il cui colore oscilla tra il giallo e il verde, possiede un’abilità visiva eccezionale, tanto che nel Medioevo si credeva che riuscisse a trapassare le pietre con lo sguardo. Una vista, dunque, simile a quella di Linceo, eroe mitologico capace di vedere oltre i muri e da cui sarebbe derivato il nome dell’animale e il conseguente modo di dire succitato. Figlio del re di Messenia, antica regione del Peloponneso, si narra che avesse un fratello gemello di nome Ida; un giorno Linceo, assieme ad Ida e i Dioscuri, Castore e Polluce, si lanciò in una spedizione in Arcadia al fine di impadronirsi di una mandria. Al termine dell’impresa, però, Ida non operò una equa suddivisione degli armenti, non lasciando, infatti, quasi nulla a Castore e Polluce. Essi, allora, alla ricerca di vendetta, tesero una trappola a Ida e Linceo, non consci del fatto che quest’ultimo avrebbe scorso Castore nascosto in una vecchia quercia, indicandolo poi al fratello, che lo uccise con un giavellotto. Polluce, adiratosi per l’effetto prodotto dalla straordinaria vista di Linceo, lo inseguì e colpì mortalmente.
Maria Elide Lovero