La festa maggiore della città di Barcellona, capitale della Catalogna è la festa della Mercè (il 24 settembre con cinque giorni di festeggiamenti), in onore della Madonna della Mercede. È un’occasione in cui vengono rappresentate le tradizioni catalane più emblematiche: dai fuochi d’artificio (“correfoc”) ai “gigants” (statue giganti), passando per i “capgrossos” (letteralmente “pupazzi”) fino ai “castells”, torri umane dall’aspetto precario. Queste ultime sono state dichiarate patrimonio culturale immateriale dell’umanità nel 2010.
L’origine dei castells risale all’antico “Ball de Valencians”, ovvero ballo dei valenziani che comprendeva l’innalzamento di una torre umana durante le manifestazioni religiose. La prima torre, una volta distaccata dal ballo, fu realizzata nel 1801 a Valls, cittadina nei pressi di Tarragona che per questo è considerata la culla dei castells. Tuttavia, questa tradizione non ha vissuto solo momenti di gloria dato che è stata proibita durante sia la guerra d’indipendenza spagnola che la prima guerra carlista nel corso dell’Ottocento. In oltre, originariamente le donne non erano ammesse all’innalzamento dei castells, non prima del 1980. Questa pratica “spericolata” può raggiungere fino a dieci piani di altezza (record del 1998) e purtroppo, fino ad ora, si sono verificati tre incidenti mortali che hanno fatto in modo di normalizzare l’uso del casco.
Insomma, i catalani sono molto legati non solo alla loro lingua, ma anche alla loro storia e alle loro tradizioni, percepite come continuamente minacciate dal potere centrale di Madrid.
Sofia Fasano