Mi è parso opportuno tornare ad argomentare sulla contrastata costruzione della Velostazione “Franco Ballerini”, in piazza Padre Michele Stallone, non certo per dare un finale al mio scritto dal titolo “LA VELOSTAZIONE FRANCO BALLERINI A GIOVINAZZO: POSTO DI RISTORO OLTRE CHE DI CUSTODIA DI BICICLETTE?”, pubblicato il 26 giugno scorso, piuttosto, per disquisire sul suo possibile destino, dopo l’esito negativo della gara, ad evidenza pubblica, volta a cederne la gestione a un privato. Giova riassumere, in proposito, che, ultimata, sin da settembre del 2020, l’edificazione del manufatto e la relativa sistemazione dell’area circostante, costate oltre 300 mila Euro, il Sindaco Depalma indugiò a lungo nell’attivarsi per far funzionare la struttura e dar modo di avviare il servizio di bike sharing, scopo per cui aveva richiesto ed ottenuto il contributo regionale di € 235.434,83 sui Fondi FESR-FSE 2014-2020. Ormai prossimo alla scadenza del suo mandato si limitò a bandire una procedura di manifestazione d’interesse per l’assegnazione dell’immobile in concessione a terzi (D.G. n.3 del 12.01.2022), senza, peraltro, addivenire ad alcun utile risultato. Al suo subentro, il dott. Sollecito, solo a distanza di quasi un anno dall’insediamento, nel giugno scorso, si è mosso con l’attivare una vera e propria gara aperta, per l’aggiudicazione della gestione della struttura a un operatore privato, ai sensi dell’art.60 del D.Lgs.n.50/2016 –Codice degli Appalti- (D.G. n.115 del 01.06.2023). Anche questo tentativo, come risaputo, è naufragato, non avendo il bando, pubblicato anche sulla Gazzetta Europea, oltre a quella nazionale, conseguito riscontri di offerte. Ragguagli più puntuali circa la procedura concorsuale e le condizioni contrattuali compresi nel capitolato della gara, dichiarata deserta, già agli inizi di agosto, il lettore potrà rilevarli dall’articolo appena sopra menzionato.
Qui mi preme significare che la Determina della Direzione comunale appaltante, n.272 del 02.08.2023, con cui si è dichiarata la gara deserta, implicitamente, ha certificato, altresì, che la gestione della velostazione in forma indiretta, mediante cioè affidamento a terzi, è del tutto impraticabile. In altri termini, la mancanza di operatori economici disposti a prenderne la gestione per attivarvi il servizio di bike sharing, dietro pagamento di un canone annuo di appena € 1.200, evidenzia che, nella realtà locale, è completamente inesistente la domanda di consumo di noleggio e rimessaggio di bici e monopattini e delle connesse prestazioni accessorie.
E, di fatto, il trasferimento, in capo all’eventuale concessionario, del rischio di esercizio dell’attività di bike sharing, in concreto, come già ho rilevato nel mio precedente scritto, comporterebbe una reale esposizione alla fluttuazione e incertezza del mercato, per cui ogni potenziale o trascurabile perdita stimata, subita dallo stesso, non sarebbe, per niente, nominale o trascurabile. E, pertanto, non c’è stato operatore commerciale che si sia invogliato a partecipare alla gara con la presentazione di un’offerta economica, supposto che la remunerazione che ne deriverebbe non sarebbe tale da garantire la copertura delle spese gestionali, avendo previsionato un fatturato di poco conto. Ne è pensabile che ce ne possano essere in seguito, specie se rimangono tali le clausole prestazionali e i criteri tecnico-economici della conduzione dell’esercizio, previsti dal capitolato di gara, mancando, realisticamente, un’utenza interessata alla pratica del bike sharing.
Sicché l’affidamento della gestione della velostazione, quale attività da espletarsi in proprio da un operatore terzo su concessione dell’Amministrazione comunale, proprietaria dell’immobile, è del tutto fuori luogo. Non c’è alcun soggetto cha abbia ritenuto poter conseguire, in base al regime tariffario imposto dal Comune, un sicuro profitto, consapevole che il mercato domestico non è interessato a noleggiare bici e monopattini.
In conclusione è doveroso ammettere che si è voluto mettere in piedi una struttura, finanziata con fondi europei e risorse comunali, che non trova alcuna possibilità di utilizzo allo scopo per cui, d’autorità, fu decisa dal Sindaco Depalma che, con la realizzazione di quell’impianto, riteneva dover dare compiutezza all’altrettanta controversa infrastruttura della Greenway cittadina.
Che fare, allora, della Ciclostazione che, per sua natura di bene patrimoniale indisponibile, è vincolata funzionalmente e non può, in alcun modo, essere sottratta alla destinazione per cui è stata costruita?
Questo è l’interrogativo cui va data una risposta anche in maniera urgente, considerato che la costruzione è completamente fruibile già da diverso tempo.
Certo non può rimane, trascorsi ormai tre anni, ancora chiusa e non funzionante; non tanto per il fatto che il mancato uso potrebbe dar luogo a deturpamenti e deteriormenti vari, ma soprattutto perché l’aver investito consistenti risorse pubbliche in una realizzazione, che non trova utilizzo, darebbe luogo a addebiti di responsabiltà contabile in capo ai gestori del patrimonio immobiliare comunale.
Per la verità, il dott. Sollecito, a fronte dell’esito infruttuoso della ricerca di un soggetto terzo cui affidare la ciclostazione, potrebbe pensare d’intraprendere la strada della gestione diretta della stessa, a mezzo di un proprio presidio operativo e con l’acquisto di un certo numero di bici per adulti e ragazzi da noleggiare al pubblico, in aggiunta alla dotazione già, a suo tempo, segnalata dal Sindaco Depalma, essere in possesso del Comune (8 bici per adulti e 40 da bambini con caschetto). Alternativa questa considerata recessiva rispetto alla gestione indiretta, poiché comporta a carico del Comune, oltre al rischio di esercizio, anche oneri organizzativo-economici. È, comunque, una soluzione, ragionevolmente, attuabile, avendo verificato che, nel contesto territoriale, non si è avuto un riscontro positivo al tentativo di dare l’impianto in concessione a un soggetto terzo, a condizioni più vantaggiose in termini di efficienza ed economicità.
Salvo che il dott. Sollecito, costretto a dare, ad ogni costo, operatività alla Ciclostazione, con qualche stratagemma, non decida di poter qualificare la pratica del bike sharing alla stregua di un servizio pubblico locale, ai sensi dell’ex art. 112 del D.Lgs. n. 267/2000. Per cui l’utilizzo della struttura verrebbe a fondersi con una sorta di efficace promozione del sistema della mobilità lenta su biciclette; una sorta di integrazione col trasporto urbano su autobus. Una prospettiva promozionale della modalità ciclistica che, unitamente all’effetto del miglioranto ambientale, assumerebbe, perfino, una funzione di riqualificazione della viabilità sul territorio, a beneficio non solo per la salute dei cittadini, ma anche per la vitalità sociale della comunità.
In questo caso il modello gestionale da perseguie sarebbe quello dell’appalto di servizio del bike sharing il cui costo dell’attività, da fornirsi a cura di un appaltatore, è a totale carico dell’Amministrazione comunale. In tal senso il Comune, mediante un regolare contratto di appalto “acquista” il servizio dal contraente esecutore, selezionato sempre a seguito di una gara pubblica. Quindi, l’attività, oggetto della procedura di gara, rimane finanziariamente a carico del Comune appaltante, dovendo corrispondere, in ragione dell’offerta più vantaggiosa presentata dall’appaltatore, il pagamento della prestazione da assicurare al Comune.
Nello specifico, si tratterà di un appalto riconducibile, in maniera, anche forzata, alla materia dei servizi a valenza sociale, di cui all’Allegato IX del D.Lgs. n.50/2016 da aggiudicare secondo la disciplina dell’art. 140 e ss. dello stesso Decreto.
Non posso, tuttavia, mancare di segnalare che l’eventuale scelta di uno di questi due modelli gestionali, sia che trattasi di conduzione diretta della gestione della ciclostazione che di stipula di contratto di appalto del bike sharing, da considere come fornitura assimilabile a un servizio sociale, deve essere valutata e, comunque, deliberata dal Consiglio Comunale. Per qualsiasi prospettazione risolutiva, comunque, il dott. Sollecito, non può più escludere l’intervento decisorio del Consesso civico, come accaduto finora, giacchè l’introduzione della pratica del bike sharing andrebbe a determinare l’assunzione di ulteriori spese correnti da impegnare nel prossimo bilancio comunale. E, nel caso si dovesse far ricorso al contratto di servizio il relativo costo del corrispettivo dell’appalto d’opera andrebbe inserito, nell’apposito quadro delle forniture da acquisire sul mercato, come disposto dall’art. 21 del Codice degli Appalti.
Al di là di tutto, comunque, il dott. Sollecito non può attendere oltre a prendere le dovute decisioni di che fare di quella struttura, onde evitare che la si additi come un’opera inutile.
E non sarebbe il primo caso di opere pubbliche poste a fabbricazione senza che poi si siano rese funzionanti allo scopo per cui ne fu disposta la costruzione, al punto da ritenersi, pure, inservibili.
Giuseppe Maldarella
Francesco Illuzzi
La cosa più grave è che questa opera inutile, realizzata malgrado il dissenso degli
abitanti del quartiere, è stata realizzata a danno di un rigoglioso verde.