È forse grazie alla presenza della storica base della Marina Militare o forse per più congiunture storiche verificatesi contemporaneamente, come anche il progressivo abbandono della città vecchia, che Taranto può vantare un vastissimo sviluppo urbanistico lungo tutto il secondo dopoguerra. La particolarità di tale sviluppo, però, risiede nella presenza di alcuni elementi di valore all’interno del tessuto urbano, edifici che possono senza dubbio essere definiti come simboli dell’architettura contemporanea. In questo articolo analizzeremo quelli che, a nostro avviso, sono i più caratteristici.
Partiamo col Piazzale BESTAT, acronimo che sta per Centro Direzionale dei BEni STAbili Taranto. Il complesso, un agglomerato di grattacieli che chiude al suo interno Piazza Dante Alighieri, fu progettato dagli architetti Luigi Piccinnato e Vera Consoli, sul modello de La Défense di Parigi. I due corpi di fabbrica principali che racchiudono la piazza, creano un ovale grossolano, che costituisce un’unica ampia area pedonale. Questa sussiste sul livello di strada, interrato, in modo da non costituire intralcio alla circolazione delle persone. Uno dei due edifici, con i suoi 21 piani e 85 metri d’altezza (105 con l’antenna), rappresenta il più alto edificio del capoluogo ionico: fu realizzato interamente in calcestruzzo armato, con la facciata interrotta da finti pilastri che creano una specie di motivo ricorrente per tutta la lunghezza dell’edificio. L’altro edificio è, invece, completamente in cemento armato, con una facciata più dinamica. La pavimentazione della piazza è in travertino. I locali presenti nel complesso furono adibiti in parte a ufficio e in parte ad abitazioni private. La presenza delle antenne e l’elevata altezza delle strutture permisero di insediare in loco le principali emittenti radiofoniche della città.
Proseguiamo la nostra trattazione con la cosiddetta Torre Facilla, un complesso residenziale sito in Via Lago di Leonessa e realizzato dall’architetto tarantino Franco Facilla, con la collaborazione di Stelio Blasi di Statte. Il complesso comprende, oltre alla torre vera e propria, una serie di edifici che, però, ripetono sempre lo stesso schema compositivo: si sviluppano per piani sfalsati e ruotati che, assieme allo sviluppo verticale in fasce intonacate e vetrate, dà una forte dinamicità alla facciata. Rappresentò, all’epoca, un elemento di forte novità nella progettazione dell’edilizia popolare, vicino alle correnti del decostruttivismo che contemporaneamente si stavano diffondendo nel resto del mondo.
L’ultimo esempio che consideriamo è dato dalla Concattedrale Gran Madre di Dio, realizzata dall’architetto Gio Ponti sulla committenza dell’arcivescovo Guglielmo Motolese per dotare la zona moderna della città di una moderna concattedrale. Fu dedicata alla Gran Madre di Dio, protettrice della città ionica assieme al patrono San Cataldo, cui è dedicata la vecchia cattedrale del borgo antico. Il progetto interseca due piani ideali: uno orizzontale, dove si sviluppa la chiesa vera e propria, e uno verticale, con l’elemento caratteristico della struttura, ovvero la vela. Questa, alta 40 metri, è costituita da un doppio muro traforato che ha la funzione di sostituire la classica cupola, assurgendo all’uso di campanile. Nell’idea dell’architetto, la struttura simboleggerebbe una nave, simbolo dello storico rapporto della città col mare. Questa si riflette in uno specchio d’acqua posto davanti alla concattedrale. L’ambiente interno è a navata unica e può ospitare diverse migliaia di persone. Al di sotto di questo vasto ambiente, poi, si sviluppa la cripta, che è utilizzata come parrocchia. Tutti gli arredi e decorazioni furono contestualmente progettate da Ponti, comprese le acquasantiere. L’importanza della chiesa sta nell’aver anticipato, con lo straordinario progetto del Ponti, i nuovi dettami del Concilio Vaticano II.
Giuseppe Mennea