Nell’attuale periferia di Napoli, tra i quartieri di Barra e San Giovanni a Teduccio, nell’area che poi si allarga alle vicine San Giorgio a Cremano, Portici ed Ercolano si diffuse, nel corso del Settecento, una nuova tendenza che finì per segnare le abitudini della nobiltà di tutto il Regno di Napoli. Il cosiddetto “vivere in villa”, una tendenza che portò, anche dalle nostre parti, alla riscoperta della campagna, in passato segnata dalle scorrerie dei briganti e dei Turchi, che venne quindi scelta per la costruzione delle residenze estive dei casati nobiliari.
È la storia del famoso Miglio d’Oro, che all’epoca era noto come Strada Regia delle Calabrie proprio perché, procedendo lungo la costa tirrenica, metteva in comunicazione l’allora capitale con le aree meridionali del Regno. Qui Emanuele di Lorena, duca d’Elboeuf, un’importante personalità del Regno, si era fatto costruire una splendida villa con porto privato, e fu qui che venne ospitato nei primi tempi della sua venuta a Napoli il re Carlo III di Borbone. Questi rimase profondamente colpito dall’amenità del paesaggio e dalla mitezza del clima, perciò nel 1738 diede ordine di costruire la Reggia di Portici, che sorse a poche centinaia di metri da Villa d’Elboeuf.
Seguendo l’esempio del monarca, tutte le più importanti famiglie del Regno si fecero costruire splendide ville e palazzi in zona, dando propulsione allo sviluppo delle arti e dell’architettura, che qui toccarono livelli massimi mai sperimentati prima. Ulteriore spinta alla tendenza fu data dall’inizio degli scavi archeologici presso i centri di Pompei ed Ercolano, che furono fondamentali anche per lo sviluppo dell’arte Neoclassica, creando un vero e proprio circolo virtuoso a livello culturale.
Uno spettacolo che non passò inosservato anche a coloro che dalle varie province si spostavano verso la capitale e da qui, tornando nei nostri territori, vollero imitare le moderne tendenze, trasformando le antiche strutture produttive dell’agro in magnifiche residenze. È a questo periodo che, ad esempio, risale la splendida Villa Ilderis di Terlizzi, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, che andò a sostituirsi a un antico centro agricolo di fattura templare.
Oggi, nonostante lo scorrere dei secoli, numerosissime Ville rimangono splendidamente conservate lungo il Miglio d’Oro: alcune sono state trasformate in musei, altre, cedute dagli originali proprietari, sono divenute alberghi o condomini; altre ancora, purtroppo, sono state abbandonate, tra le quali la stessa Villa d’Elboeuf, che aveva originato tale tendenza (solo recentemente sono iniziati dei lavori di recupero).
Negli Anni ’70 del secolo scorso, lo Stato ha costituito un ente apposito, l’Ente Ville Vesuviane, con la finalità di conservare tale straordinario patrimonio. L’attività di tale ente ha permesso, ad esempio, il recupero della splendida Villa Campolieto, che con la sua terrazza circolare si apre a una straordinaria visuale sul Golfo di Napoli. Ad oggi, l’Ente Ville Vesuviane ha censito ben 122 dimore, ma altrettante aspettano di essere riconosciute.
Giuseppe Mennea